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06.02.2017 - 21:520
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

Predazioni da lupi in Ticino è giunta l’ora di chiedere abbattimenti mirati e di intraprendere azioni concrete?

di Germano Mattei e cofirmatari

Dopo un anno 2016 relativamente tranquillo la problematica della presenza nel territorio di lupi è ritornata di attualità nel nostro Cantone. Nel fine settimana tra il 28 al 29 gennaio vi è stata la predazione di almeno 22 pecore sopra la frazione di Tengia nel Comune di Faido. Il bestiame era ricoverato in una stalla con un’area antistante debitamente recintata (stabulazione libera), il predatore o i predatori hanno superato questa recinzione! Sembra che nei giorni precedenti nella medesima zona vi sia stata un’altra mattanza di almeno 4 agnelli. Seppure siano attesi i risultati delle analisi del DNA, gli esperti dell’Ufficio Caccia e Pesca e il Servizio veterinario riconducono queste aggressioni all’azione di uno o più lupi. Inoltre mercoledì 25 gennaio un lupo è stato ripreso da una foto trappola posata all’imbocco della strada che sale ai monti di Bodio. Costatiamo sempre più che il grande predatore, dopo decenni di assoluta protezione a conseguenza dei disposti della Convenzione di Berna (datata dal 1979), sta perdendo l’atavica paura nei confronti dell’uomo e non di rado si avvicina agli insediamenti. PREMESSA La problematica è molto controversa e naturalmente vi è una parte della popolazione e alcune Associazioni che sostengono la presenza e il prolificare di queste belve nocive appellandosi alla “biodiversità”. D’altro canto vi è chi afferma che il nostro territorio non è adatto a ospitare la presenza dei grandi predatori, poiché causano gravi danni, mettendo in pericolo l’esistenza dell’allevamento e della pastorizia – specialmente di ovini e caprini –, inducono all’abbandono degli alpeggi, con il conseguente inselvatichimento e deperimento geo-morfologico di vaste aree montane. Ne consegue pure il latente pericolo della scomparsa dei tanto ricercati prodotti “nostrani” di provenienza a chilometro “0”. Ripercussioni negative vi sono poi nel settore del turismo e in generale per l’economia delle regioni di montagna. Quale reazione attiva per contrastare e gestire questa situazione problematica nel corso del 2015 sono state fondate delle Sezioni cantonali per un “Territorio senza grandi predatori” (Grigioni, Ticino, Vallese, San Gallo-Glarona-Appenzello, Friborgo, Vaud e dal 18 novembre la Sezione Svizzera Centrale con i Cantoni di Lucerna, Obwaldo, Nidwaldo, Uri e Svitto). Le Sezioni cantonali si sono poi riunite il 10 settembre 2015 in un’Associazione mantello a livello Nazionale che conta quasi duemila aderenti (www.lr-grt.ch). A livello di Parlamento Nazionale nel 2010 le Camere federali hanno approvato la Mozione del Consigliere agli Stati vallesano Jean-René Fournier (doc. no.10.3264), che chiedeva la revisione dell’articolo 22 della “Convenzione di Berna”. Detta Convenzione, datata anno 1979, impone a livello internazionale la protezione assoluta di questi predatori, lupo in particolare. In questi ultimi quarant’anni il lupo è passato da specie in via di estinzione a una specie in evidente e inarrestabile espansione in tutto l’arco alpino. In pochi anni in Svizzera si sono formate diverse mute: segnatamente nel Calanda Grigionese, in Val Morobbia (con due distinte cucciolate nel 2015 e nel 2016), nell’Alto e medio Vallese, Canton Uri e sembra anche in alte zone della Svizzera Centrale. Oramai la presenza sporadica o costante del lupo e della lince sono segnalate in ogni parte della Svizzera, persino nei centri urbani o nelle loro vicinanze. Sino a tutt’oggi la decisione delle Camere federali di approvare la Mozione Fournier non ha trovato applicazione da parte del Governo federale! Questo atteggiamento del Consiglio federale lascia stupiti, poiché l’Esecutivo federale aveva esplicitamente affermato che doveva essere messa in atto ogni misura necessaria per non rendere più difficile il lavoro degli allevatori e della vita nelle Regioni di montagna. Nel 2015 le Camere federali hanno pure accolto la Mozione del Consigliere agli Stati grigionese Stefan Engler (doc. no. 14.3151) denominata “Convivenza tra lupi e comunità montane”, che chiedeva la revisione della Legge federale sulla caccia, per consentire la regolazione della popolazione di lupi nell’ambito della Convenzione di Berna. La consultazione sulla revisione di questa Legge è stata avviata dal Consiglio federale il 24 agosto 2016 e si è conclusa il 30 novembre u.s.. Il Canton Vallese, particolarmente toccato dalle predazioni di lupi, ha presentato nel 2014 un’iniziativa cantonale “lupo, la festa è finita” (doc. no. 14.320). Quest’iniziativa in particolare chiede che la convenzione di Berna sia rinegoziata come deciso dalle Camere federali, introducendo una riserva che escluda la protezione del lupo. La richiesta vallesana (imparentata con l’atto parlamentare doc. no. 14.3570 Imoberdorf/Rieder) è stata respinta dal Consiglio degli Stati il 9 marzo 2016 con 26 sì e 17 No e poi approvata dal Consiglio Nazionale il 14 settembre 2016 con 101 voti contro 83, rinviando l’iniziativa al Consiglio degli Stati. In questi giorni la Commissione dell’ambiente, della pianificazione del territorio e dell’enegia (CAPTE-E) della Camera alta si è di nuovo confrontata con l’iniziativa vallesana e ha invitato il Consiglio federale di varare la modifica della Legge federale sulla caccia entro il prossimo autunno. Nel caso che le misure che saranno proposte non saranno sufficienti, la Commissione si riserva di riprendere l’iniziativa per introdurre le correzioni necessarie. Nel contempo la CAPTE-E chiede che il Consiglio federale s’impegni, nel contesto della Convenzione di Berna, affinchè la protezione del lupo sia allentata. Sempre nel Canton Vallese è in atto una raccolta di firme a sostegno dell’iniziativa popolare “per un Canton Vallese senza grandi predatori”, che propone un nuovo articolo costituzionale mirato alla gestione e regolazione di queste speci alogene. La raccolta firme si concluderà ad inizio maggio 2017 e sin’ora ha già raccolto più di novemilacinquecento firme. L’iniziativa popolare vallesana si può già considerare riuscita e il Popolo di questo Cantone dovrà votare in merito. In questi giorni anche il Parlamento del Canton Uri ha approvato con 41 voti favorevoli (16 i contrari e tre gli astenuti) una risoluzione che invita il Consiglio di Stato di voler adottare provvedimenti più efficaci al fine di ridurre i danni causati dal predatore nell’agricoltura, rilevando che la protezione delle greggi è un fallimento e i conflitti legati al predatore si moltiplicano. Un altro tema riferito alla problematica dei Grandi predatori che in questi ultimi mesi si pone a livello nazionale s’incentra sulla domanda a chiedersi se in Svizzera vi sono solo lupi o se sono anche presenti degli ibridi della stessa specie, ossia l’incrocio cane-lupo. L’ibridazione del lupo non esiste in natura giacché specie creata dall’uomo e notoriamente è meno schiva del lupo verso l’uomo e i suoi insediamenti. Il dibattito è in corso e non ha ancora nessuna risposta. A livello della Confederazione e dei Cantoni il dibattito e le azioni concrete sono in discussione e in via di elaborazione. Si deve costatare che a livello nazionale, seppure molto lentamente, qualcosa si muove e che le sensibilità vanno mutando. E NEL CANTONE TICINO COSA SUCCEDE? Anche a livello cantonale la “problematica lupo” e in generale dei grandi predatori è in questi anni assai dibattuta e oggetto nel paese di vivaci e contrastanti dibattiti e confronti. L’attualità della problematica è dimostrata dai numerosi atti parlamentari presentati negli ultimi quindici anni da diversi Deputati. Quest’attività parlamentare ha impegnato più volte il Consiglio di Stato in argomentazioni e risposte. A titolo orientativo facciamo seguire la lista dei vari interventi presentati dai deputati: Eva Feistmann (doc. no. 84.02), Elena Bacchetta (doc. no. 50.13), Patrizia Ramsauer (doc.ti no. IG584/283.13), Regazzi Fabio (doc.ti no. 22.01/256.07), Norman Gobbi (doc. no. 150.06), Sergio Savoia (doc.ti no. 47.06/282.13), Fabio Badasci (doc.ti no. 103.11/83.14), Francesco Maggi (doc.ti no. 141.08/375/1090/IG404), Cleto Ferrari (doc.ti.no 476/432/1129), Franco Celio (doc.ti no. 417/432/134.04/1009/31.06), Germano Mattei (doc. no. 1631), messaggio no. 6083 sulla mozione no. 20.2.2006 di Cleto Ferrari/Franco Celio/Norman Gobbi (doc. no. 476), messaggio no. 6046 sulla mozione no. 21.06.2005 di Franco Celio/Cleto Ferrari/+6 cofirmatari, messaggio no. 5901 sulla mozione 10 maggio 2004 di Francesco Maggi/+14 cofirmatari, messaggio no. 7081 sulla mozione no. 17.12.2013 di Franco Celio/+11 cofirmatari, messaggio no. 5894 sulla mozione no. 18.04.2005 di Franco Celio. Si evince che la problematica della gestione dei grandi predatori ha impegnato a scadenze regolari il Consiglio di Stato e il Parlamento, coinvolgendo parlamentari di diverse sensibilità e provenienza politica. Il tutto evidenzia quanto è sentita la tematica, con le preoccupazioni che solleva, unitamente alle conseguenze psicologiche, di sensibilità ed economiche che coinvolgono i diversi attori presenti nel territorio. In particolare vi è da ricordare la decisione del Gran Consiglio del 23 novembre 2015 sulla mozione 17 dicembre 2013 presentata da Franco Celio e con firmatari (Badaracco-Dominé-Galusero-Garzoli-Gianora-Giudici-Gobbi-Orsi-Pellanda-Schellmann-Vitta), denominata: rivedere le norme a protezione dei lupi. Il Gran Consiglio con 61 voti favorevoli 7 contrari e 8 astensioni ha approvato il rapporto della Commissione della legislazione, accogliendo la mozione che chiedeva al Governo di identificare eventuali misure di accompagnamento alla revisione della legge, adottabili anche a livello nazionale. A onor del vero nessuna azione concreta è conosciuta a tutt’oggi da parte del Governo nello spirito della decisione del Gran Consiglio. In questo contesto il Consiglio di Stato non ha ancora dato risposta concreta, tra l’altro più volte promessa, alla decisione del Gran Consiglio del marzo 2010 in cui si stabiliva: “oltre al risarcimento dei capi predati, vanno risarciti i costi derivanti dalla ricerca e dal ricupero dei resti delle carcasse, nonché dalla perdita del prodotto conseguente”. Una risposta a questa tematica è urgente anche in considerazione delle recenti predazioni avvenute negli anni scorsi, nel 2016 (Monte Carasso, Capriasca – Val Colla, Val Bavona, Auressio, Brontallo) e in questi giorni in Val Leventina. In concreto sul terreno si costata che da parte degli allevatori vi è un’accresciuta sensibilità alla protezione delle greggi mediante recinzioni apposite e l’uso di altri metodi di prevenzione (cani di sorveglianza, lama, ecc.). Nonostante questi accorgimenti di prevenzione le predazioni continuano, anche tra l’altro intaccando in modo preoccupante l’habitat della selvaggina (camosci, caprioli e piccoli cervi in particolare). Si deve sempre più costatare che le auspicate misure di protezione non sempre sono all’altezza della scaltrezza di questi animali selvatici che, grazie all’innato istinto alla predazione, facilmente si adattano alle situazioni trovando astuti metodi per aggirarle. Nell’ambito delle misure di prevenzione che si possono prevedere e attuare si è sempre nell’attesa delle conclusioni dello Studio che il Consiglio di Stato ha affidato il 21 giugno 2014 allo Studio Agridea SA di Losanna con un onorario previsto di fr. 107'976. Lo studio doveva effettuare un’analisi strutturale dell’applicazione delle misure di protezione delle greggi in Ticino e doveva essere presentato per il mese di aprile 2015. A quasi due anni dalla sua preventivata conclusione l’atteso elaborato purtroppo non è ancora stato pubblicato. A livello cantonale, nel sito web del Dipartimento del Territorio, esiste poi un’interessante rubrica-statistica con registrate le predazioni che sono ufficialmente riconosciute (http://www4.ti.ch/dt/da/ucp/temi/grandi-predatori/comunicati-e-attualita/attualita/). Purtroppo si costata che la statistica non è più aggiornata dal 18 gennaio 2016, seppure nel frattempo vi sono state diverse predazioni. Si conclude che della problematica dei “grandi predatori” nel nostro Cantone si è parlato e si parla assai, tra l’altro con diverse chiare prese di posizione del Parlamento assunte a larga maggioranza, ma poi in concreto si costata da parte dell’esecutivo la mancanza di determinazione politica a voler affrontare concretamene e di petto la problematica che sta diventando sempre più preoccupante. Non è più sostenibile la giustificazione che si tratta in prevalenza di una tematica gestita e di competenza della Confederazione. Sulla scorta delle azioni concrete intraprese dai Cantoni citati in precedenza, riteniamo che sia giustificata e necessaria un’incisiva azione cantonale nei confronti del Consiglio Federale. Necessarie sono pure azioni concrete a livello cantonale che diventano sempre più urgenti e indispensabili. Si deve comunque costatare che a livello dei settori immediatamente coinvolti nella problematica, come il corpo dei Guardia Caccia e dei funzionari della Sezione agricoltura, vi è una buona disponibilità nell’attuazione di azioni concrete come, per esempio, il rilevamento delle aggressioni in loco e il prelievo dei reperti autoptici e con la messa in attuazione di un sistema di allarme via SMS per gli allevatori e con la messa a disposizione di kit di soccorso. CONCLUSIONI L’abbandono che è in atto da decenni di vaste aree alpine, i nuovi orientamenti della politica agricola, legislazioni eccessivamente conservatrici e di protezione, la ricerca di effimere comodità, la globalizzazione sociale ed economica, sono realtà che causano lo spopolamento d’interi villaggi e vuotano le vallate. Si sta disegnando con continuità e senza interruzione un territorio abbandonato e adatto al ritorno e alla diffusione dei grandi predatori. La mancanza della presenza capillare e diffusa dell’uomo nel territorio ci porta a considerare che già da oggi dovremo imparare a convivere con queste nuove realtà. Convivere non vuol tuttavia dire restare a guardare senza far nulla, o come qualcuno vuol far credere, di lasciar fare esclusivamente alla natura, in ragione di una dubbia e discutibile biodiversità a senso unico. Ma di quale biodiversità si parla quando si deve considerare che l’uomo, ma nello stesso modo anche gli animali e la flora, hanno da sempre nei secoli continuato a selezionare le diverse specie! Nel contesto generale si costata che l’unica specie in questo momento in via d’estinzione e da proteggere nelle regioni di montagna è quella dell’uomo. Affinché la necessaria presenza umana possa continuare - presenza che nel corso di secoli ha plasmato e curato con un duro e continuato lavoro gli splendidi ambienti alpini che ci sono stati tramandati e che amiamo ammirare sulle cartoline o nei documentari – devono essere adottati tutti i mezzi possibili per gestire la situazione di degrado che non può essere condivisa, anche per le importanti conseguenze di disfacimento ambientale che sono in atto. Sono realtà che non creano solo danni e disagi nelle zone periferiche e di montagna, ma che hanno ripercussioni e conseguenze materiali e finanziarie anche nelle zone di pianura e urbane: eccessivo imboscamento, degrado e scivolamento dei pendii, scoscendimenti, accresciuta incidenza delle valanghe, alluvioni devastanti dalle montagne alla pianura. Esempi concreti, anche tragici, li abbiamo toccati recentemente con la mano anche nel nostro Cantone. Sono poi notizie recenti i disagi causati dalle piogge dello scorso autunno nella vicina area ovest dell’Italia (Liguria, Cuneo, Piemonte), in Sicilia o gli eventi causati dalle recenti copiose nevicate nel Centro Italia. Parlare di possibile convivenza tra uomo e grandi predatori può essere il tema di una bella fiaba, ma ha nessun riscontro nella cruda realtà del vissuto quotidiano. Basta leggere la cronaca di quanto succede in Francia e nella vicina Italia ove vi sono mamme che accompagnano a scuola i propri figli con il fucile tra i sedili dell’auto, poiché vi sono stati attacchi palesi di mute di lupi. O la paura di famiglie che abitano le vallate attorno al Monviso, che non lasciano più uscire i bambini da soli siccome sovente il lupo si aggira tra le case dei villaggi! Assai illuminante sulla problematica è l’articolo del 21 marzo 2016 di Franco Zunino, Segretario dell’Associazione italiana Wilderness “Lupo e rischio di aggressione all’uomo: verità, bugie e mistificazioni. Come si fomenta la paura (e l’odio) per il lupo nell’illusione di non farla crescere!” (www.iocaccio.it/lupo-e-rischio-di-aggressione). In questo interessante articolo è proposta la statistica (non ufficiale) delle aggressioni in Italia dal 2011 al 2016. Sono citate almeno 12 aggressioni all’uomo! Lo stesso articolo propone pure uno stralcio di uno studio su casi di antropofagia del lupo in Padania nel primo quarto dell’ottocento, citando 58 casi di fanciulli uccisi dai lupi. Sono informazioni utili per portarci a non banalizzare una problematica che come detto non si presenta in nessun modo come una bella fiaba o nelle vesti del “peluche” di turno. INTERROGAZIONE Considerata la delicatezza del momento che si sta vivendo, in particolare nel settore dell’allevamento e della pastorizia, ci permettiamo chiedere al Consiglio di Stato quanto segue: 1. Considerati i capi predati in queste ultime settimane non ritiene il Consiglio di Stato di voler intraprendere i passi necessari all’attenzione dell’autorità federale per ottenere l’autorizzazione per l’abbattimento di uno o più lupi? 2. Non intende il Cantone Ticino sostenere con la sua sottoscrizione l’iniziativa del Canton Vallese “lupo, la festa è finita”, iniziativa in questo periodo in discussione alle Camere federali? 3. Quali sviluppi concreti vi sono stati dopo la decisione del 23 novembre 2015 del Gran Consiglio d’approvazione della Mozione Celio “rivedere le misure di protezione dei lupi”? 4. A che punto sono le decisioni riguardanti gli ulteriori aiuti da accordare agli allevatori colpiti dalle predazioni, in particolare l’applicazione della decisione del Gran Consiglio del marzo 2010 (rapporto 6046 - 6083) in cui si stabiliva che “oltre al risarcimento dei capi predati, vanno risarciti i costi derivanti dalla ricerca e dal ricupero dei resti delle carcasse, nonché dalla perdita del prodotto conseguente”. Il regolamento annunciato è stato elaborato? Quando si prevede di metterlo in applicazione? Quali crediti sono stati previsti per finanziare le misure di sostegno e d’indennizzo necessarie? 5. A che punto è l’elaborazione dello Studio affidato il 24 giugno 2014 alla Ditta Agridea SA per effettuare un’analisi strutturale dell’applicazione delle misure di protezione delle greggi in Ticino e per quale motivo non è stato presentato entro la data fissata ad aprile 2015, quindi quasi due anni or sono. 6. Chiediamo se le analisi del DNA dei capi predati sono effettuate dopo ogni aggressione, se la definizione del tipo di lupo è accertato per ogni evento e se vi sono analisi in relazione all’ibridazione cane-lupo della specie. 7. Quali sono i costi che il Cantone deve sopportare per queste analisi e per la gestione della problematica Grandi Predatori? Vi è una partecipazione della Confederazione a copertura di questi oneri? 8. Qual è l’onere annuale degli indennizzi per capi predati dal 2010 e vi è una partecipazione della Confederazione? 9. Considerato la particolarità geografica del nostro Cantone e le possibili migrazioni tra Cantoni e verso l’Italia dei Grandi predatori quale tipo di contatto e scambio d’informazione sono attualmente in uso e come s’intende svilupparlo nel futuro? 10. Per quale motivo la statistica cantonale delle predazioni non è più aggiornata?Germano Mattei, Movimento MontagnaViva,Franco Celio, PLR; Graziano Crugnola, PLR; Alex Farinelli, PLR; Walter Gianora, PLR; Omar Terraneo, PLR; Giorgio Pellanda, PLR; Fabio Käppeli, PLR; Sabrina Gendotti, PPD; Luigi Canepa, PPD; Gianrico Corti, PST; Sergio Morisoli, la Destra; Fabio Badasci, Lega; Andrea Zanini, Lega.
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