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08.01.2021 - 09:000

Galeazzi: "No a un secondo lockdown ma le misure vanno inasprite. Ora si darà la colpa alla variante inglese..."

Il democentrista analizza la situazione: "Ci si chiede come mai i centri commerciali, i trasporti pubblici, i passaggi alle dogane e alcune località sciistiche non vengono messe sotto stretta ma si chiudono solo alcuni settori" osservazione

di Tiziano Galeazzi*

L'altro giorno per l'ennesima volta in questa seconda fase pandemica, se non già nella terza iniziale, il Consiglio Federale, per bocca del Ministro Berset, ha dimostrato tutta la sua incapacità di affrontare obiettivamente la gravità della situazione e la sua gestione, in un ottica ad ampio raggio.

Se da una parte la prima fase della scorsa primavera è stata gestita in modo discreto, va ricordato che per non aver avuto le mascherine in magazzino, ci è stato più volte detto che non erano necessarie perché non efficaci (sight), oggi, in questa seconda se non terza fase, la gestione  politica è praticamente allo sbando.

Non è possibile che si attuino delle misure cosi dirompenti nei confronti di alcuni settori, (ristorazione, tempo libero e cultura) senza intravvedere che le scelte non prese sui grandi magazzini, commerci, piste da sci invernali, trasporti pubblici e in parte le scuole, passaggi transfrontalieri, sono potenzialmente dei vettori di trasmissione sottovalutati.

È sotto gli occhi di tutti il solo fatto che da quando è stato imposto il lockdown a metà dicembre nei riguardi della ristorazione e altri due settori (tempo libero e cultura) la situazione da quella data ad oggi non è migliorata, anzi è cresciuta ed è rimasta stabile su alti numeri di casi  di contagio e di decessi. 

Non bastano ora i buoni propositi in una strategia fallimentare. Non ci vuol molto a capire che i settori penalizzati attualmente non sono il veicolo principale di questa seconda e terza ondata.

Bisognerebbe guardare il quadro completo e capire veramente se i commerci, le migliaia di passaggi transfrontalieri quotidiani, cosi come gli ammassamenti nelle stazioni da sci e sicuramente le feste private durante il periodo natalizio e di fine anno, hanno incrementato questi valori di contagio.

Di certo ora, a Berna, si cerca di scaricare  la colpa sul fenomeno nuovo del virus mutante inglese o sudafricano e della loro rapida diffusione. Certo potrà anche essere in parte cosi, ma di certo non vanno colpevolizzati quelle attività che da metà dicembre hanno le serrande abbassate. Però ancora una volta da Berna parte l'ennesimo e forse ultimo colpo mortale per molte attività sul territorio svizzero e ovviamente cantonale.

Ci si chiede come mai allora i centri commerciali, i trasporti pubblici, i passaggi alle dogane e alcune località sciistiche non vengono messe sotto stretta osservazione e non vengono implementati più severi controlli o chiusure?

Di certo non sto evocando un "totale lockdown", che mi troverebbe contrario, ma delle misure più incisive in questi settori si.  

Inutile poi farsi belli a Berna con potenziali aiuti ai settori gastronomici nell'immediato. Di questo passo a fine febbraio non ci sarà più nessuno d'aiutare, vi saranno solo macerie, disoccupazione e povertà ulteriore.

Inutile poi rassicurarci sui vaccini, visto che la tempistica per la maggioranza della popolazione (fasce d'età inferiori ai 65-70 anni) non sarà prima della prossima estate.

Settimana prossima sapremo come e quanto si vorranno spingere i Cantoni svizzeri sulla base delle direttive di Berna, ma la prospettiva di sicuro non sarà di "ammorbidimento" bensì di "inasprimento".

Se cosi sarà, non si farà altro che indebolire ulteriormente la fiducia del popolo verso le Istituzioni, instaurare un malessere che potrebbe poi sfociare in disordini di piazza, aumentare la povertà già abbondante tra la popolazione e lasciare sul terreno un cumulo di macerie economico-sociali irrecuperabili.

"Berna cambia registro o il boomerang ti frantumerà il naso e cosi anche i Cantoni".

*Deputato UDC in Gran Consiglio

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