di Giacomo Grandini *
Qualche settimana fa stavo accompagnando mio figlio Romeo e una sua compagna di classe (entrambi di 10 anni) ad un corso doposcuola. Entrando in auto Romeo mi fa “Papà ricordati che stasera dobbiamo guardare “Otto e mezzo” (è infatti da un po’ che prima di andare a letto abbiamo preso l’abitudine di guardare qualche minuto della Gruber su la7). A questo punto ho assistito ad un simpatico dialogo, che per me si è rivelato quasi un’epifania: Amica: Ma che cos’è 8 e ½? Romeo: È un programma di politica… Amica: Politica? Che noia la politica… Romeo: Ma no, la politica è importantissima. Come si farebbe a eleggere un sindaco senza la politica? E come si farebbe a cambiare il mondo senza sindaco? Io stavo guidando…e ho sorriso.
Sono nato e cresciuto in una famiglia e in un contesto fortemente liberale, la politica mi ha sempre affascinato e attratto, all’opposto, invece, i partiti mi hanno sempre creato un senso di diffidenza e di frustrazione. Non mi sono mai avvicinato concretamente ad un partito politico, ho sempre discusso senza remore e senza paura in situazioni più da bar che altro. Dal 2007 sono un fermo fruitore della scheda senza intestazione: ho sempre votato le persone e mai i rigidi partiti. Sono convintissimo che questa possibilità abbia aiutato molti a non unirsi al vero partitone di oggi che è quello del non voto, donandoci così quel minimo di speranza utile per non finire nella rassegnazione più totale.
Con mia moglie, a mio figlio abbiamo sempre cercato di trasmettere libertà e importanza del dialogo (a volte la cosa ci si è anche rivolta contro…). Da quando è nato ho abbandonato il voto per corrispondenza, così da recarmi al seggio la domenica mattina per cercare di infondergli anche un po’ di dovere civico. Checché se ne dica (e la diminuzione costante e inarrestabile dei votanti ad ogni tornata elettorale è lì a dimostrarlo) i partiti sembrano rincorrersi e farsi la guerra tra loro più per lo “zero virgola per cento”, che per capire e dare soluzioni praticabili ai problemi reali della gente. Invece che farsi domande, sembrano sempre più inclini a dare risposte standardizzate, scollegate dai veri problemi dei cittadini.
Leggendo il contributo di Fulvio Pelli, apparso sul CdT di mercoledì, ne ho avuto conferma. Dopo un’accurata (anche se di parte) relazione storica, Pelli si scaglia contro i “fuoriusciti liberali”. Il presente è una secchiata fredda, il futuro un miraggio. Diciamocelo onestamente: quando dopo una rottura, il pensiero è esclusivamente rivolto a chiedere all’altro perché se n’è andato, piuttosto che a interrogarsi sul perché non si è riusciti a trattenerlo; è più focalizzato sulle decisioni dell’altro che sui propri possibili errori, non si può arrivare da nessuna parte. Autocritica: ah questa sconosciuta!
Spesso parlando con amici mi rendo conto quanto la vita all’interno di un partito (tutti i partiti) sia difficile: anche se a parola tutti sembrino abbracciare il dialogo interno, nella realtà dei fatti non è così. Certo puoi dire la tua, ma alla fine devi allinearti e anche se lo fai vieni comunque spesso marginalizzato, subisci una sorta di mobbing che ti svuota di energie ed entusiasmo.
Il fatto è che Pelli appunto, come tanti della sua generazione, non sono riusciti a trasformarsi, si sono seduti sugli allori di una storia importante, non sono stati capaci di capire il presente né tantomeno di immaginare e costruire il futuro. Il PLR si è chiuso su sé stesso, la classe media, che una volta era la sua base, sta diminuendo e quella che resiste spesso si rivolge altrove (da destra a sinistra) per visioni più concrete (anche se spesso, purtroppo, non più giuste né più lungimiranti). Inoltre se oggi i cittadini sono (e saranno) sempre più portati ad appoggiare soluzioni (che fino a qualche anno fa si sarebbero definite drastiche) come la 13ema AVS o la cassa malati unica è perché la popolazione si trova allo stremo e la responsabilità politica di questo è tutta da attribuire ad una classe dirigente che non è stata in grado di capirlo, quando forse potevano bastare degli accorgimenti sensati ma in linea coi tempi.
Un testo, quello di Pelli, rivelatore di una classe politica che non ha visto arrivare il futuro, e adesso, sentendosi persa, si attacca ad una copertina di Linus stropicciata e malandata che oggi è sempre più corta. Un esempio di questo scollegamento con la realtà è che i partiti politici tutti, non sono ancora neanche riusciti ad abbozzare un dialogo costruttivo su alcune priorità cardine di un mondo che sta viaggiando a velocità incontrollabili: sicurezza, qualità e giusta retribuzione del lavoro.
Il lavoro oggi (anche quando c’è) crea sempre più casi di depressione, ansia, burnout, … I problemi psichici sono in vertiginoso aumento (sia direttamente sui lavoratori, ma anche sui nostri figli, spesso trascurati da genitori diventati workaholics, frustrati, svuotati e stremati…). I figli (i nostri figli, il nostro futuro) entrano in un turbine di insicurezza, percepiscono le difficoltà dei loro genitori e si sentono sempre più impotenti. Smettono di sognare. Pelli parla di giovani e dello spazio politico da concedergli, ma se crede veramente in loro perché per esempio quando ha deciso (lui come altri cinque consiglieri comunali PLR) di non ricandidarsi per il Consiglio Comunale non ha lasciato la sua carica in anticipo di sei mesi/un anno ad un subentrante, così da permettergli di fare esperienza, di conoscere e di farsi conoscere? Non gli era simpatico il subentrante?
Sembra il classico predicare bene e razzolare male. È per questo e molto altro ancora, che ho deciso di mettermi a disposizione di Costituzione Radicale. Movimento dove trasparenza e sguardo attento sull’oggi e sul domani mi possono garantire spazio di parola e di azione unendo voglia, trasparenza e valori. Magari anche litigando. E diciamolo, se Guido Tognola e Jacques Ducry (per fare due nomi) se ne sono andati dal PLR non è sicuramente per le poltrone (se ne fossero stati attratti gli sarebbe bastato restare, mordendosi la lingua), ma per seguire il sogno di una società migliore da realizzare fuori dagli scaffali ordinati della vecchia politica, ormai pieni solo di retorica.
Mentre a Pelli potrei dare un ultimo consiglio non richiesto: forse è il momento per il PLR di dirsi come fece Troisi: “ma io… Perché io… Lasciatemi soffrire tranquillo… Chi vi chiede niente a voi… Vi ho chiesto qualcosa? No… Voglio solo soffrire… Bene… Mi distraete… Non mi riesco a concentrà… Con voi qua… Non riesco… Tu che… Hai capito? Soffro male, soffro poco… Non mi diverto… Non c’è quella bella sofferenza… Voglio stare proprio… Ah, soffrire, proprio soffrire, capito? Voglio stare… Ma tu mi distrai! A te ti pare niente che stai qua? Mi distrai…”
Insomma, lasciamoli soffrire, perché è solo con la sofferenza che può partire una sana autocritica e conoscenza di sé, che potrebbe poi portare ad una rinascita fondata su valori e principi declinati ai tempi dell’oggi. Per poi forse ripartire e chissà un giorno potersi riavvicinare perché certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano… a volte… Intanto sorridiamo.
* membro in pectore del Comitato di Costituzione Radicale