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29.01.2025 - 10:450

Le bordate del 'Ghiro': "Polizia e Municipio di Bellinzona, giù le mani dai raccoglitori di firme"

"Nella capitale ticinese chi esercita un diritto costituzionale viene ostacolato da anni in vari modi"

di Giorgio Ghiringhelli

In Svizzera, la raccolta firme per iniziative popolari, referendum e petizioni è un diritto sancito dalla Costituzione e ampiamente confermato dalla giurisprudenza. Tuttavia, a Bellinzona, polizia comunale e Municipio sembrano ignorare questi principi, ostacolando sistematicamente chi esercita tale attività. I raccoglitori di firme sono trattati come intrusi, spesso costretti a ricorrere a un avvocato per far valere i propri diritti. Questo atteggiamento, che contrasta con i valori di una democrazia diretta, richiede un intervento politico deciso. Anche la stampa, che dovrebbe vigilare a tutela della democrazia, è chiamata a denunciare con maggiore fermezza una situazione che appare sempre più insostenibile.

Una limitazione dei diritti illecita

Gli episodi più recenti confermano una persistenza inquietante di questi atteggiamenti. Lo scorso luglio, la polizia comunale di Bellinzona impedì a un cittadino di raccogliere firme per un’iniziativa popolare federale nell’area del mercato, nonostante non fosse necessaria un’autorizzazione per attività svolte senza bancarella. Il diritto interessato si è quindi rivolto a un avvocato e, tramite quest’ultimo, ha chiesto spiegazioni al Municipio. Dopo mesi di attesa, il 31 ottobre 2024, il Municipio rispose spiegando che occorreva fare una distinzione tra raccolta a scopo “ideale” e a scopo “di lucro” e che se la raccolta delle firme fosse remunerata, allora la richiesta andava trattata come quella di un espositore al mercato in quanto “si tratta di un’attività commerciale e non più ideale, per cui necessita di un’autorizzazione da parte della Società commercianti”.

Tale risposta ha dimostrato ancora una volta l’ostilità ingiustificata verso i raccoglitori di firme da parte dell’esecutivo comunale. Atteggiamento che denota una scarsa conoscenza del quadro giuridico, nonostante la presenza di avvocati tra i municipali. Costretto a reagire, il cittadino coinvolto richiese, sempre tramite avvocato, un parere alla Sezione Enti Locali (SEL), che il 26 novembre confermò l’assenza di basi legali per tali restrizioni. Non è dunque possibile sottoporre all’obbligo di autorizzazione una raccolta di firme “mobile”, né tantomeno operare una distinzione tra la raccolta di firme svolta a titolo gratuito e “quella svolta come attività professionale o in altro modo lucrativa” Il 2 dicembre il parere della SEL fu trasmesso al Municipio, chiedendo di riconsiderare una decisione che costituiva un ostacolo inammissibile all’esercizio di un diritto costituzionale.

Ad oggi, però, dal Municipio non è giunta alcuna risposta … Inoltre, lo scorso dicembre, lo stesso cittadino si è visto negare l’autorizzazione per posare in Piazza Collegiata una bancarella per la raccolta di firme a favore dell’iniziativa popolare “Stop all’aumento dei dipendenti cantonali”. La polizia indicò come unica opzione vicolo Torre, senza fornire alcuna spiegazione. Solo dopo l’intervento di un avvocato, l’autorizzazione venne concessa, ma con la specificazione che non sarebbe stata fornita alcuna bancarella (servizio che a Lugano viene invece effettuato, gratuitamente).

Errare è umano, perseverare è diabolico

L’attività di raccolta firme a Bellinzona è stata oggetto di ostruzionismi da parte delle autorità anche in passato. Nel 2017, il sottoscritto presentò alla SEL un’istanza di intervento, documentando una serie di episodi significativi concernenti cinque diverse iniziative popolari verificatisi a partire dal 2012. In ognuno di questi casi, le richieste per svolgere l’attività furono negate o limitate con motivazioni illegittime, costringendo i promotori a presentare reclami al Municipio oppure ricorsi alle istanze superiori. Le vittorie legali ottenute dimostrarono l’illegittimità delle decisioni prese dalle autorità comunali, ma il prezzo pagato in termini di tempo e risorse fu altissimo. Nel febbraio 2012, ad esempio, la polizia comunale negò l’autorizzazione a raccogliere firme in Viale Stazione durante il mercato, indicando Piazza del Sole come unica alternativa. Il Municipio respinse il reclamo presentato, ma il Consiglio di Stato accolse il successivo ricorso, confermando l’illegalità della decisione comunale.

Lo stesso copione si ripeté nel 2013, quando il Municipio negò nuovamente l’autorizzazione per l’area del mercato, per poi tornare sui propri passi solo dopo l’intervento del Consiglio di Stato. Nel gennaio 2016, la polizia concesse il permesso di raccogliere firme solo in un vicolo adiacente al Viale Stazione, Vicolo Torre, decisione che fu nuovamente annullata a seguito di un ricorso.

Nel maggio dello stesso anno, contestualmente al rilascio di un’autorizzazione, fu imposta una tassa di cancelleria di dieci franchi, nonostante la legge preveda l’esenzione per le attività legate alla raccolta firme. Anche in questo caso, l’illegittimità della decisione fu riconosciuta, ma solo dopo una contestazione formale. L’ennesimo episodio si verificò nel gennaio 2017, quando la polizia negò senza alcuna spiegazione l’autorizzazione per una bancarella in Piazza Collegiata, decisione emendata dal Municipio adito su reclamo.

Richiami cantonali ignorati

Per porre fine a queste pratiche discriminatorie, invero riscontrate anche in altri Comuni, nel marzo 2017 il Servizio cantonale dei diritti politici inviò a tutti i Municipi una direttiva chiara, invitandoli “a trasmetterla anche ai servizi comunali che hanno ricevuto la delega per autorizzare l’uso del suolo pubblico”. Nella comunicazione si ricordava che un “eventuale diniego dell’autorizzazione alla posa di una bancarella per la raccolta di firme può essere opposto soltanto se fondato su una valida base legale, se sussistono interessi pubblici o privati preminenti (rispetto ai diritti politici) - come ad esempio interessi legati alla viabilità o tendenti a evitare turbative dell’ordine pubblico e della sicurezza - e se il provvedimento rispetta il principio della proporzionalità”. Il 27 marzo 2017 la SEL rispose all’istanza d’intervento affermando che, pur non riscontrando negligenze gravi da parte del Municipio, vi era la necessità di un'attenzione particolare nella gestione delle autorizzazioni per la raccolta firme, un diritto garantito dalla Costituzione.

La SEL sottolineò che in più occasioni il Municipio era dovuto intervenire per “sconfessare” il servizio che decide in prima battuta (ossia la polizia comunale), e ribadì che era di “fondamentale importanza accertarsi che il servizio che esercita la competenza delegata abbia ben recepito il quadro giuridico entro il quale deve (e può) determinarsi, fornendogli direttive e istruzioni chiare” per evitare ulteriori violazioni dei diritti democratici. Ma evidentemente ciò non è avvenuto, e del resto come si può pretendere che la polizia agisca correttamente se anche chi dovrebbe istruirla ha dimostrato in varie occasioni di non conoscere il quadro giuridico entro il quale operare?

Occorre un opuscolo con norme e direttive

Tanto il Municipio di Bellinzona quanto la polizia comunale continuano a ignorare le leggi, la giurisprudenza e i richiami del Cantone, dimostrando una preoccupante mancanza di rispetto per i diritti costituzionali. È lecito chiedersi se dietro questi ostruzionismi si nascondano ragioni politiche o ideologiche. Sarebbe opportuno che il Cantone mettesse a disposizione di Municipi e della polizia un opuscolo contenente norme e direttive in materia, per garantire che i diritti dei cittadini vengano finalmente rispettati.

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