LUGANO – Il coronavirus continua ad evolversi e così facendo elude le nostre difese immunitarie. Ma è l'intero coronavirus ad evolversi o alcune parti rimangono invariate? Analizzando oltre 10 milioni di sequenze di coronavirus, due dottorandi dell'Istituto di Ricerca in Biomedicina (IRB, affiliato all'Università della Svizzera italiana) hanno scoperto che alcune porzioni dello spike del virus (la molecola del virus che è fondamentale per infettare le cellule umane) sono notevolmente conservate.
"Li chiamiamo ‘punti freddi’ (o ‘coldspots’, in inglese)", spiega Virginia Crivelli, "la maggior parte del virus cambia rapidamente, ma abbiamo scoperto 15 regioni che non cambiano". Analizzando campioni di individui convalescenti da COVID-19, si è scoperto che alcuni avevano anticorpi specifici per i coldspot. "Questi anticorpi sono molto rari", afferma Filippo Bianchini, "ma grazie a un nuovo metodo siamo riusciti ad individuarli".
Gli anticorpi bloccano l'infezione di cellule esposte al virus, anche alle varianti più recenti e preoccupanti, e proteggono contro la malattia in modelli preclinici. I nuovi anticorpi saranno efficaci contro i prossimi coronavirus? "È probabile che in futuro emergeranno nuovi coronavirus capaci di infettare l'uomo", afferma Davide Robbiani, direttore dell'IRB e coordinatore dello studio, "i nostri risultati indicano che già oggi si potrebbero sviluppare contromisure ampiamente efficaci contro le minacce attuali e future dei coronavirus".
Lo studio, pubblicato oggi su Science Immunology, è stato condotto da ricercatori dell'IRB (Bellinzona, Svizzera), e realizzato in collaborazione con colleghi dell'Università di Stanford, dell'Accademia delle Scienze della Repubblica Ceca, della Clinica Luganese Moncucco e con partner internazionali del progetto ATAC (Antibody Therapy Against Coronavirus), finanziato dall'Unione europea.