LETTURE
La Divina Commedia, 700 anni dopo. La sfida? Saper attualizzare il messaggio morale
Michele Diomede ha riproposto l'opera più nota di Dante Alighieri in prosa, per avvicinare più lettori possibili. "Si riprometteva di concorrere al rinnovamento di questo mondo, partendo dalla sua condizione di peccatore"

BELLINZONA - Ci sono capolavori immortali che vengono letti e riletti da generazioni diverse. La Divina Commedia di Dante Alighieri è senza dubbio uno di essi. Un’opera di una attualità sorprendente, vera e viva in ogni epoca. La discesa all’Inferno e la possibilità di rivedere le stelle è quanto mai reale. Sia che si parli dell’inferno dentro sé stessi e, quindi di un viaggio di crescita personale, sia che la si intenda come metafora della vita.

Michele Diomede considera Dante il più grande scrittore di tutti i tempi. Nella Divina Commedia vede «un grande insegnamento morale»: «non si può cambiare nulla se non si è disposti anzitutto a cambiare sé stessi». E definisce l’opera come «una straordinaria lezione in un mondo come il nostro dove soprattutto i governanti, ritenendo i torti sempre dell’altro, dicono di avere la ricetta giusta per raddrizzare le sorti dell’umanità».

Perciò, a settecento anni di distanza ha deciso di rileggere la prima cantica, l’Inferno, in Tra la perduta gente, cercando di mostrare la genialità, l’attualità, la complessità narrativa del poeta fiorentino. Per dirla con l’autore, «nessuno da Omero, a Shakespeare o a Proust può a mio avviso stargli alla pari in fatto di invenzione stilistica e poetica o in tema di “spessore” drammaturgico dei personaggi; in quanto alla trama e all’intreccio della “Divina” sfido qualsiasi regista contemporaneo, qualsivoglia progettista di video games a immaginare scenari altrettanto coinvolgenti e strabilianti».

La scelta di scrivere in prosa è stata fatta per avvicinare il maggior numero di persone al più grande poema medievale italiano. Un lungo lavoro di parafrasi, non una semplice trasposizione e traduzione di quello che Dante ha magnificamente detto in versi. Per Diomede una delle grandi sfide (comune a tutti i romanzieri storici) è stata la scelta del linguaggio. Per rispettare la liricità dell’autore toscano, ha optato per un registro aulico e solenne, capace di coinvolgere il lettore attuale, anche il non specialista, senza far perdere la dimensione storica. Aiutandolo a calarsi nelle vicende dantesche senza fuorviarle con l’attualizzazione delle psicologie e dei fatti.

Saper mantenere l’insegnamento morale, rendendolo attuale, senza trasporre vicenda, pensieri, mentalità al giorno d’oggi, è un successo della prosa di Diomede. Rendere appetibile un’opera di secoli fa, intrisa di metafore, leggende e rimandi religiosi, culturali e storici, riuscendo a interpretarne e chiarirne il significato, è una difficoltà intrinseca nella rielaborazione della Divina Commedia.

Per Diomede, tutti dovrebbero conoscere l’opera con cui Dante si riprometteva di concorrere al rinnovamento di questo mondo, di questa umana società «‘che mal vive’, partendo dalla sua personale condizione di peccatore che anela a sfuggire alla Selva Oscura del peccato per approdare alla verità e alla salvezza». E lo scopo di Tra la perduta gente, magistrale rilettura che appassionerà sia chi conosce già le vicende narrate sia chi vi si approccia per la prima volta, è proprio questo.

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