Cronaca
06.09.2017 - 16:000
Aggiornamento: 21.06.2018 - 14:17
Schiavi del lavoro? Il rapporto shock che parla di pressioni, obiettivi e la spada di Damocle della lettera di licenziamento. Il Credit Suisse nega
OCST denuncia le condizioni di lavoro al call center della banca a Chiasso, con un'oscillazione del personale del 100% e nessun rispetto per la conciliazione fra lavoro e vita familiare. Il portavoce, "tutto nella norma. Gli obiettivi sono fissati, ma sono a norma di legge"
CHIASSO – Un lavoro basato sul terrore, sul ricatto, su obiettivi stressanti da raggiungere, in cui non è permessa neppure un’oscillazione mensile, per non parlare di vacanze o giorni liberi per assistere i figli malati. E su tutto la spada di Damocle del licenziamento: se non invii tu la lettera dove dice che te ne vai, ci pensiamo noi, e a quel punto non potrai essere ricollocato all’interno dell’azienda.
È un dossier da brividi quello che invia il sindacato OCST oggi, relativo al call center per la vendita di prodotti bancari del Credit Suisse di Chiasso, ma non è un caso isolato.
Cominciamo dall’assunzione: dirigenti che parlano di flessibilità, di aiuto, di disponibilità dei colleghi, di insegnamenti, poi, nell’arco di pochi giorni, ci si ritrova a dover studiare da casa per stare al passo, con gli altri lavoratori troppo stressati per dare una mano, e con gli obiettivi da raggiungere, sempre e comunque.
E non basta una media annuale, ogni mese si deve rendere nello stesso modo, senza permettersi oscillazioni neppure quando magari si è in vacanza. Guai a far domande o richieste, perché scatta il rapporto intermedio, che può segnare la fine di una carriera.
“ Nel settore impiegatizio e bancario, tradizionale sbocco per i lavoratori residenti, si assiste ad un grave e costante deterioramento delle condizioni di lavoro e ad un aumento molto forte della pressione sui dipendenti. Una condizione permanente di stress può condurre ad esaurimento psichico, ormai la causa di quasi metà delle rendite per invalidità distribuite ogni anno. Anche nel settore terziario, si può ledere la dignità dei lavoratori: sfruttati e abbandonati al primo cedimento”, scrive OCST, spiegando che i cosiddetti eroi sono i manager, coloro che fanno guadagnare all’azienda, costi quel che costi, compresa la salute del dipendente. “Il rapporto 2016 di Travail.Suisse sulle remunerazioni dei manager segnala che tra i 40 manager più pagati, 13 sono del Credit Suisse e 14 di UBS. Nessun’altra azienda svizzera ha un tale numero di membri in questo club esclusivo. Quali sono i risultati e le performance che giustificano i salari milionari di questi manager, che prendono in un’ora quanto uno dei loro dipendenti in un mese?”
Per non parlare, appunto, della lettera di licenziamento, che si aggiunge a critiche ingiustificate, commenti sprezzanti, pressione, nessuna disponibilità per conciliare vita familiare e lavorativa. Nel solo call center di Chiasso nell’arco degli ultimi due anni e mezzo sono circa una ventina le persone che hanno “volontariamente” lasciato il posto di lavoro o che sono state licenziate. Tenendo conto che si tratta di un ufficio con circa una ventina di dipendenti si può dire che il turnover rasenta il 100% in un così breve periodo: un cambio continuo che non fa bene a nessuno.
Queste dimissioni spontanee, spiega OCST, sono in realtà indotte. Quando il dipendente non è più produttivo, gli consigliano di consegnare una lettera di addio all’azienda. Se lo fa, ha possibilità di essere reinserito nella stessa banca, altrimenti no, anzi, penserà il Credit Suisse stesso a passare la scure, calcando la mano con un rapporto intermedio negativo (che sparisce invece se la lettera di dimissioni è spontanea).
È un quadro inquietante, quello che traccia il sindacato, basato su alcune testimonianze. Il portavoce di Credit Suisse però ha detto a TeleTicino che a Chiasso la situazione è del tutto normale, le fluttuazioni nei call center sono più importanti che in altri settori, essendo tra l’altro un posto di lavoro di partenza per molti giovani. "Abbiamo un iter molto chiaro da seguire in caso un collaboratore non raggiunga ripetutamente gli obiettivi fissati. Questo processo, chiaramente definito e regolamentato, non avviene dall’oggi al domani e sempre nel pieno rispetto degli obblighi di legge”, aggiunge. Tutto nella norma, dunque.