Cronaca
03.11.2017 - 12:210
Aggiornamento: 21.06.2018 - 14:17
Licenziata dopo vent'anni, "perché non mi lasciano il mio posto, che sono di qui? I capi sono frontalieri, come almeno metà del personale. E sinora ho taciuto"
L'amaro sfogo di una donna che è stata licenziata da un giorno con l'altro. "E il direttore si è permesso di dirmi che qui abbiamo aiuti. Invece spendo qui, come la mia famiglia, mentre gli italiani portano anche il bicchiere d'acqua. I sabati si lavorava tre ore, il mio piano di novembre..."
VEZIA – Licenziata dopo vent’anni, da un giorno con l’altro, in un negozio dove tutto va male, secondo lei, da quando c’è un direttore frontaliere. E i residenti pian piano perdono il posto.
A raccontare la vicenda è una signora, che ha appena ricevuto la sconvolgente notizia del licenziamento. Il marito aveva inviato la storia alla pagina Facebook "Il Ticino ai ticinesi" e da qui ha fatto il giro del web. “Non riesco ad accettarla. Lavoravo da vent’anni alla Manor di Vezia, senza mai una reclamazione, niente. Martedì vengo convocata in ufficio: devono tagliare ore, dunque sono licenziata. La responsabile del personale mi ha detto che sarebbe stata una brutta giornata per me, mentre la mia responsabile di reparto ha spiegato che il negozio va male e che bisogna risparmiare, e che la scelta è caduta su di me. Senza una motivazione del perché hanno licenziato me. Il direttore frontaliere non era neppure presente a dirmi che aveva deciso di licenziarmi. Tra l’altro si è permesso di farmi notare che qui abbiamo degli aiuti: quali, i sussidi della cassa malati? Il mio stipendio corrispondeva a quanto spendo di cassa malati, adesso come facciamo? Loro non se lo chiedono, di certo. Se chiedo degli aiuti mi dicono di vendere la casa e di vivere con quei soldi”. È un fiume in piena, la signora.
“Ci sono tanti frontalieri, anche se loro non c’entrano niente, però si potrebbero tagliare un po’ di ore a tutti, lasciando il mio 50%. A me che sono di qui…”, aggiunge, disperata.
Contesta, dunque, le chiediamo, il fatto che abbiano scelto di tagliare lei, pur essendo residente? “Sì, ed anche il modo. Il direttore, i responsabili di reparto, i capi, i vicecapi sono tutti frontalieri. Noi di qui cosa dobbiamo aspettarci? In un anno, per esempio, sono state licenziate sei persone residenti, che erano qui da vent’anni. E sono arrivati molti frontalieri, ormai una buona parte dei lavoratori, direi la metà, viene dall’Italia”. Non è arrabbiata con loro, precisa, “non sono loro ad avere colpa, bensì il sistema”
Come mai, dunque, perdono il posto i residenti? Proviamo a chiederle se, da quanto sa, i frontalieri vengono pagati di meno. “Abbiamo lo stesso stipendio, non percepiscono di meno. Qualche tempo fa era uscita la questione che tutti dovevamo guadagnare uguale”. Quindi, potrebbe essere che il direttore porti con sé persone che conosce? “Lui lavorava a Lugano, dove ci sono anche la moglie e la cognata. È venuto a Vezia e ha portato con sé un’amica che è responsabile al settore abbigliamento uomo, donna, bambino e sport”.
La donna è delusa anche dalla politica, con l’iniziativa “Prima i nostri”, anche se le sue lamentale vanno soprattutto all’interno del suo ormai ex posto di lavoro. “Ci chiedete di votare, ma se non sono tutelata non voto più. Sì, sono arrabbiata con la politica, ma soprattutto con la gestione della Manor. Se vuoi fare il responsabile, ti trasferisci qui e paghi tutto, dagli oneri sociali alle tasse. Io spendo qui, così come la mia famiglia, il frontaliere porta anche il bicchiere d’acqua. Chi fa la spesa alla Manor? Di sicuro non i frontalieri. Io dunque ho il diritto di avere il mio posto di lavoro, voglio lavorare! Sono delusa e arrabbiata, continuo a prendermi” tranquillanti. Noi fatichiamo ad arrivare alla fine del mese e siamo i primi a essere lasciati a casa, mentre i frontalieri si portano di là fior fiore di quattrini e si lamentano anche”.
Alla Manor di Vezia, secondo la nostra interlocutrice, il clima sarebbe pensate. “Sono stata zitta, ho visto tante ingiustizie ed ho taciuto per non perdere il posto, ora basta. Finchè c’è quel direttore non so se tornerei, mi farebbero passare l’infermo. Pensiamo ai piani di lavoro e ai sabati! Tutti abbiamo diritto al sabato libero, almeno uno al mese o due, invece nel mio reparto dovevamo lavorare tre ore ciascuna. Noi ho mai fatto libero. Mi avevano fatto un piano a novembre che era un vero incubo. Non ho reclamato per non essere cacciata, adesso non taccio più, non accetto determinate cose”. C’era minaccia di perdere il posto? “Minacce vere e proprie no, però c’è un malumore generale. Non c’è un solo dipendente che dice di star bene. Ovviamente, i frontalieri tacciono, o parlano alle spalle. Con le colleghe si diceva qualcosa in saletta, nelle pause. Ma tutti si lamentano del direttore, da quando c’è lui va tutto male. Però nessuno dice niente, il negozio va male perché c’è la crisi, a Vezia le cose vanno peggio”.