Cronaca
09.11.2017 - 18:030
Aggiornamento: 21.06.2018 - 14:17
"Licenziata dopo quasi trent'anni, mi sono ammalata". "Mi avevano promesso un posto da apprendista, e poi hanno preso un frontaliere". Testimonanze dalla Manor, anche la politica tiene d'occhio il caso
Una dipendente licenziata a Vezia ci aveva raccontato la sua storia, ci sono arrivate altre voci. "Il clima era deteriorato, si viveva nel terrore. Mandavano persone che si fingevano clienti per controllarci, e credo che le lavoratrici con famiglia sono ritenute scomode". Intanto un partito...
VEZIA/LUGANO – Il racconto della dipendente della Manor licenziata a Vezia dopo oltre 20 anni di lavoro ha avuto grandissima eco. La risposta dell’ufficio delle pubbliche relazioni del grande magazzino non ha convinto, e hanno cominciato a contattarci in redazione persone che hanno vissuto un’esperienza simile: lasciate a casa dopo anni di servizio, crolli nervosi, apprendistati promessi e poi non fatti svolgere, clima pesante.
“Lavoravo a Lugano, mi hanno licenziata l’anno scorso dopo che avevo lavorato per tutta la mia vita professionale lì”, ci racconta una donna, che conosce il direttore frontaliere di Vezia, su cui non ha comunque ricordi negativi. Ma il clima non era dei migliori, anzi. “C’era una sorta di terrore, c’erano sempre riunioni in cui ci dicevano che la situazione era catastrofica. Avevano messo dei mistery check, ovvero delle persone che fingendosi clienti venivano a controllarci, poi hanno inserito dei formulari da compilare su quanto si vendeva: sentivamo il fiato sul collo”. I licenziamenti, aggiunge, negli ultimi due o tre anni, sono stati parecchi, magari un paio ogni sei mesi “per non dare nell’occhio. Prima hanno abbassato le percentuali lavorative, poi sono passati ai licenziamenti. Quanti frontalieri ci sono? Non lo so, tanti. Nel mio reparto erano più o meno la metà”.
Poi, per lei, la tremenda mattinata in cui l’hanno chiamata in ufficio, di punto in bianco. “Mi hanno comunicato che erano costretti a separarsi da me, data la situazione catastrofica. Mi hanno sottoposto due fogli, non potevo uscire se non ne firmavo uno a mia scelta: uno era il licenziamento con tre mesi per disdetta, l’altro diceva di andarmene senza tornare più. Temendo una lettera con referenze negative, ho scelto di restare. E come mi hanno trattata… non c’era nemmeno più il mio nome sui turni di lavoro, finchè ho detto basta. Sono stata in malattia per nove mesi, e ancora parlandone mi viene il magone”.
Un’altra signora ha lavorato alla Manor di Vezia da quando era apprendista sino a pochi mesi fa. “Dal primo agosto è partito il mio licenziamento, a tre mesi. Ero in malattia ormai da un anno, dovevo essere sottoposta a un altro intervento al cuore”. Abbiamo chiesto a un sindacalista, che ci ha confermato che il licenziamento è legale, però la donna è rimasta male. “Mi aspettavo qualcosa in più, erano 29 anni che ero con loro. Pensavo a una proroga, mi attendevo un altro trattamento. Oltretutto non ero a tempo pieno, ma mi hanno detto che le cose andavano male”.
“Entrare in negozio mi fa male…”, ci confida. E anche lei parla di un clima deteriorato. “Inizialmente amavo andare al lavoro, negli ultimi anni c’era un malessere generale. Si aveva paura, anche se non avrei mai pensato che mi lasciassero a casa. Mi sono fatta sentire più volte di fronte a cose che non andavano: per esempio, desideravo che il pomeriggio del mercoledì pomeriggio libero fosse per le madri. Invece no, per me lo facevano per dispetto”. Il licenziamento non può essere collegato? “Non lo so. Secondo me ero una persona scomoda, perché meno personale hanno con famiglia meglio è, hanno meno problemi. O quanto meno, io la vedo così”.
Non ha granchè da dire del direttore frontaliere finito nell’occhio del ciclone, “però mi sarei aspettata la sua presenza il giorno del licenziamento, invece non c’era. Mi sarei aspettata un suo ringraziamento per quanto fatto”. Non ritornerebbe al lavoro, “l’ho detto anche all’altra signora, farebbero passare le pene dell’inferno. Se tenevano a me come persona, mi avrebbero proposto una proroga, se non l’hanno fatto significa che io ero scomoda, avendo figli e anche problemi di salute”.
Un giovane ragazzo invece parla di quando si candidò per un posto di apprendista. Era il 2012, ma qualcosa non andava già. “A Lugano, avendo superato il colloquio iniziale e un test attitudinale mi hanno presocon contratto indeterminato. Il mio capo reparto era un frontaliere. Ho lavorato da loro quattro mesi in attesa di cominciare l’apprendistato in modo ufficiale l'anno successivo, come loro promettevano. All'ultimo momento mi sono sentito dire che non sono adatto a quel tipo di lavoro, e hanno assunto un altro dopo solo 5 giorni di stage: si trattava di un frontaliere”.
Allora ha fatto richiesta a Vezia, “dopo una settimana di stage da loro mi hanno detto che avevo tutti i criteri necessari per svolgere tale tipo di lavoro, ma che la decisione di assunzione spettava comunque alla filiale di Lugano: e quindi sono stato escluso anche da lì. Sa che cosa ho dedotto? Ero stato preso con la promessa di un apprendistato perché era il periodo di Natale e mancava personale, per cui facevo comodo”.
Abbiamo risentito anche la dipendente che ci ha raccontato la storia per prima. L’amarezza non è diminuita, ripete le vicende anche delle colleghe, “anche una a cui hanno imputato di non chiedere mai la carta Manor…”. La risposta che ci ha dato Manor non la convince, “cosa possono dire? Non hanno nulla su cui appigliarsi. Non è vero che se la prendono coi residenti? Invece è così, c’è un malumore incredibile. Adesso nessuno dice più nulla, io sono diventata una sorta di carnefice del capo. Nessuna delle mie colleghe si è fatta sentire”.
È delusa, “hanno paura, non vogliono perdere il lavoro. Ma un messaggio ci stava, anche in privato. Almeno dalle residenti. Mi sono sentita umiliata come non meritavo, ho reagito raccontando la mia esperienza, e qualcuno dice che non va bene”.
Invece ha scoperchiato un vaso di Pandora, come dice lei. Manor è nella tempesta. Anche la politica, in particolare un partito, ha messo gli occhi su questi casi, e a breve sono attesi dei passi.
Paola Bernasconi