Cronaca
29.03.2018 - 11:590
Aggiornamento: 21.06.2018 - 14:17
Borradori smorza i toni, "Plein si renderà conto del privilegio di lavorare in un paese dove la legge vale per tutti". Ma gli ex dipendenti accusano, "orari folli, riunioni notturne, licenziamenti..."
La rabbia dello stilista, seccato per un controllo avvenuto alle 23. ha aperto il vaso di Pandora. "Ho lasciato per attacchi di panico, a volte lavoravamo fino alle 6 e dovevamo rientrare alle 9". "Ho lavorato anche 24 ore filate". Il PS di Bellinzona, "un milionario della moda che sfrutta i dipendenti"
LUGANO – Tutti contro Philipp Plein, tranne il Comune di Lugano che cerca di calmare le acque: Marco Borradori ha scritto su Facebook un post dove si dice “dispiaciuto per l’accaduto e per le polemiche, che non sono mai costruttive, ribadisco la mia fiducia nell’Amministrazione cantonale. Il mio apprezzamento per Philip Plein rimane immutato, così come la stima per la sua attività, che ha portato un altro grande nome della moda internazionale a Lugano. Al di là della rabbia del momento sono certo che sappia che noi non lo trattiamo come un criminale e che anzi siamo ospitali e fieri di avere il suo brand. Sono sicuro che, passata l’amarezza, si renderà conto di quale grande privilegio sia vivere e lavorare in un paese in cui la legge e le norme valgono per tutti”.
Evidente l’interesse nel voler tenere a Lugano uno stilista che, effettivamente, porta posti di lavoro e introiti. Ma il caso di ieri ha scoperchiato il classico vaso di Pandora: nel nostro articolo, abbiamo parlato della proposta di uno stage retribuito 800 franchi per persone con tre anni di esperienza. A vari colleghi si sono rivolti altri dipendenti o ex dipendenti di Plein, che parlano delle condizioni di lavoro.
Per esempio, una donna sul Corriere del Ticino parla di 24 ore filate di lavoro, di cui solo otto pagate. “Philipp Plein pretendeva che tutti i dipendenti fossero sempre pronti a piegarsi alle sue esigenze. Spesso fissava dei meeting e arrivava in ritardo, senza avvisarci. E a noi toccava star lì ad aspettare. Le riunioni erano alle 23… e una collega che non si è presentata perché aveva la mamma malata non si è più vista”.
Altre due persone hanno contattato ticinonews. “Lavorare fino all’1 capitava abbastanza spesso, ma mi è successo anche di dover restare fino alle 4 o alle 6 del mattino per poi ripresentarmi in ufficio alle 9, o addirittura di dover lavorare nel weekend”, con straordinari non retribuiti e non recuperabili. Ha lasciato il posto di lavoro perché aveva iniziato a soffrire di attacchi di panico.
“Lavorare fino a tardi capitava molto spesso. Io però restavo fino alle 2, poi me ne andavo. Ai miei colleghi è successo di dover lavorare fino alle 6 del mattino. Non voglio sputare nel piatto dove ho mangiato. Capisco gli straordinari in vista di una sfilata, ma lì era la regola e non l’eccezione”, ha aggiunto una giovane donna.
Ad attaccare è anche il Partito socialista di Bellinzona, sui social. “Un milionario della moda, sfrutta i suoi dipendenti, l’ufficio del lavoro glielo fa notare e lui piccato reagisce. Il Comune di Lugano corre in suo aiuto. È ora di finirla. Le regole valgono per tutti, sia per il piccolo artigiano che per il plurimilionario che vende giacche a 100'000 franchi l’una”.