Cronaca
25.05.2018 - 11:270
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:51
Il casellario giudiziario dice stop a 201 persone: mafiosi, persone che avevano compiuto sequestri di persone, rapine o spacciavano. Ma sono una minima parte rispetto alle richieste
Da quando è stata introdotta la misura che è sempre stata contestata dall'Italia ("ma nessun cittadino si è mai opposto", afferma Gobbi), su 73'579 richieste ne sono state respinte 201, con una media di 6,8 permessi negati al mese. Se verrà firmato l'accordo fiscale, la richiesta cadrà
BELLINZONA – La richiesta del casellario giudiziario a quante persone ha impedito di venire a lavorare in Ticino? La misura, da sempre contestata dall’Italia, rimarrà in vigore finchè non verrà firmato l’accordo fiscale, di cui era stata una dei principali ostacoli. Al momento, funziona e si registra un numero in crescita di permessi negati.
Come riporta il Corriere del Ticino, sono stati infatti 201 in quasi tre anni, con una crescita di 82 casi nell’ultimo anno, e una media di 6,8 permessi negati al mese. Ma il numero di domande, sia per nuovi permessi che per rinnovi, è consistente, ovvero 73.579 e quelle respinte sono poche.
“Strumenti come il casellario ci permettono di ottenere informazioni complete sulle persone che intendono trasferirsi o lavorare in Ticino. Nessun cittadino straniero si è mai opposto all’introduzione di questa misura, a dimostrazione del fatto che non era discriminatoria come tanti volevano e vogliono far credere. È stata introdotta unicamente come un’azione a tutela della sicurezza e dell’ordine pubblico in Ticino”, ha detto Norman Gobbi, da sempre fautore della misura.
A chi è stato impedito di venire a lavorare in Ticino, grazie al casellario? “Abbiamo impedito l’entrata in Ticino di chi aveva commesso reati quali il sequestro di persona e rapina, o ancora a chi per più volte deteneva sostanze stupefacenti e le rivendeva ad altre persone. Condanne con una pena detentiva di oltre tre anni, come prevede la giurisprudenza in materia. Ma un dato che non va dimenticato è che tra questi casi risultavano anche persone condannate per crimini legati alla mafia”.
La misura, se verrà firmato l’accordo fiscale, cadrà, e per Gobbi è un peccato. “Nel momento che a gran voce da più parti si chiedono misure più incisive per contrastare fenomeni come la criminalità organizzata, si dovrà – nostro malgrado – ritornare al regime dell’autocertificazione con tutti i limiti che questo comporta, visto che in passato persone con condanne nel proprio Paese avevano sottaciuto e quindi ottenuto il permesso di risiedere o lavorare sul nostro territorio. Senza casellario il lavoro di verifica aumenterebbe ulteriormente e il rischio aumenterà; insomma, più spesa e meno efficacia”, spiega, dicendosi a favore anche del blocco dei ristorni.