CANNOBIO – Solo l’altro giorno, la vedova di Roberto Rigamonti, il centauro ticinese morto sotto la frana della Statale 34 un anno e mezzo fa, affidava a TicinoLibero le strazianti parole di chi fatica tremendamente a vivere senza la sua dolce metà, strappata dall’amore dei suoi cari in un attimo mentre percorreva quella strada per certi versi maledetti.
La giustizia, intanto, fa il suo corso. La signora vorrebbe sapere se Roberto si è reso conto che stava per lasciarla, se ha sofferto. Quello non lo potranno dire le indagini, purtroppo, come non potranno restituire l’uomo alla sua famiglia. Un aiuto, una risposta, potrebbero arrivare da chi era lì, in quel momento.
Però va individuato anche se qualcuno poteva fare in modo diverso. La Procura di Verbania ha inviato gli avvisi al sindaco di Cannobio, Giandomenico Albertella, sia nella sua veste di primo cittadino che in quella di presidente dell’Unione dei Comuni, dei tre ingegneri dell’Anas Valter Bortolan, Raffaele Celia e Nicola Montesano e dei due cittadini proprietari del terreno dal quale si staccarono i massi, Ruggiero e Susanna Scheller.
I privati, riporta il portale Azzurra TV, non effettuarono la manutenzione sul versante, mentre il sindaco e i funzionari Anas non ordinarono ai singoli proprietari di provvedere alla pulizia, né si sostituirono a loro. Mentre Albertella non avrebbe trasmesso alcune integrazioni progettuali per gli studi di fattibilità della messa in sicurezza del versante. È pronto a farsi interrogare, convinto di aver fatto tutto il possibile, mentre Scheller fa sapere che non devono certo essere i privati a provvedere alla sicurezza di una strada.
Intanto, per i due giovani che viaggiavano sull’auto colpita da alcuni massi, anch’essi feriti, le accuse sono di omicidio colposo, lesioni colpose.