SANREMO – Razzismo, immigrazione, televoto e… soldi. Mischiati alla rabbia di chi ha perso, nonostante il sostegno del pubblico. I verdetti di questo Sanremo appena concluso saranno ricordati per i fischi, quelli quando è stato annunciato che a vincere la serata duetti erano stati Nada e Motta, quelli assordanti di sabato sera appena si è saputo che Loredana Berté non sarebbe stata sul podio e al nome del vincitore.
Ammettiamo, chi conosceva Mahmood prima di questo festival? Oppure sarò mancante io, a cui parecchi nomi apparivano quasi sconosciuti, salvo poi innamorarmi al primo ascolto dei Boomdabash con il loro ritmo che questa estate si farà sentire (per non parlare del duetto col sempre spumeggiante Rocco Hunt) e di Federica Carta e Shade (ma non della versione con la D’Avena)… In ogni caso, a un primo ascolto la canzone che ha vinto è un rap che parla di soldi, ma non i soldi in quanto avere bensì quelli che rovinano un rapporto. Della serie, mi vuoi solo se sono ricco. Convenienza o amore? Un tema attuale, insito in molte relazioni. Il riferimento al padre con cui pare non parlerebbe più, che ora vive in Marocco, riecheggia, e la frase in arabo inserita è un ricordo dei loro giochi d’infanzia.
Un furbo gioco per parlare di politica? L’anno scorso a vincere era stata una canzone impegnata, quella di Moro e Meta sul terrorismo. Difficile che ci si ripetesse, anche se una vera critica sociale non c’era, forse solo con Motta. Si è tornati all’amore, si è parlato di violenza e malattia (Irama), ci sono state riflessioni sulla vita, sul distacco. Forse con un governo che punta verso la chiusura dei porti, difficile che qualcuno potesse imporsi cantando di libertà: ma qui vorrebbe dire che Sanremo segue le correnti politiche, che è proprio quello che si vorrebbe evitare. Non l’ha ripetuto, Claudio Bisio? Non si parla di politica. Ed è pure giusto, solo che negli anni passati si è fatto.
Dunque, cosa è successo? Ultimo ha raccolto il 46% circa di voti, andando in finale assieme al Volo (e ce lo si poteva aspettare, anche se due partecipazioni due vittorie sarebbe apparso un po’ difficile), scalzando la Berté (una bella canzone, i miei pronostici la davano in concorrenza con la poesia di Cristicchi, resa anche “melodia” dalla voce di Ermal Meta). Che Loredana meritasse di vincere per la carriera, non ci sto. Al Festival va una canzone, non una vita intera. Ad ogni modo, personalmente anche Ultimo mi piace molto, sia come testo sia come melodia, sin dall’inizio. Mahmood riceve un terzo dei voti. Ma vince grazie al voto dei giornalisti e della giuria di qualità. Otto persone che ribaltano il parere dell’Italia: un parere che non era 49-51, assolutamente no.
E scoppia il caso. Non vogliamo addentrarci in chi urla che coi porti chiusi Mahmood non sarebbe qui. Lui è italiano, e italiano si sente, pur non rinnegando le origini. Ma appunto, sul palco vanno le canzoni e non le persone, soprattutto non le nazionalità (da qui, mi permettete di dire che il cast scelto da Baglioni è stato un po’ strano?). “Le persone votano e pagano, mi sento io in colpa per l’impegno di chi ha votato per quattro serate”, spiega Ultimo in un video Instagram. Dispiaciuto per non aver vinto, sicuramente, anche se la sua canzone vola ed è quel che conta. Soprattutto, arrabbiato per come ha perso. “Per il giudizio di otto persone che con la musica c’entrano poco, mentre la musica la sceglie la gente”, afferma. E attacca i giornalisti, facendo notare come essi abbiano gridato “merde” al Volo “esultando come se fossero allo stadio per il terzo posto” e abbiamo insultato lui quando parlava: “mi dicevano ‘stronzetto, deficiente, vai a casa, coglione’”. Non certo edificante, se davvero fosse così.
Anche Marcello Foa ha detto che il sistema del televoto va corretto, il CODACONS ha fatto un esposto.
E alla fine di questo Sanremo si ricorderà solo quello, ci si augura con le canzoni che si sentiranno in radio. Tante orecchiabili, belle, piacevoli. Nonostante, appunto, il cast che definivo strano.
Dovrebbe rimanere altro. Di politica giustamente si è parlato poco, ho apprezzato i tanti omaggi alla musica italiana, con ospiti italiani (d’altronde, è il Festival della Canzone italiana ed è giusto così), in duetto anche con Baglioni. Ha deluso Ligabue, non quando ha cantato, seppur avrei preferito altri suoi successi, ma per il siparietto, troppo lungo. I comici sono arrivati soprattutto a tarda sera, lasciando spazio alla musica. Sono mancate le pailettes, con gli abiti di Virginia Raffaele non all’altezza di quelli di conduttrici degli anni passati. Lei lo è stata? È stata per me una sorpresa, seppur rimango dell’idea che un Festival, come dissi già tempo fa, vada condotto da un diverso profilo. Bravissima a imitare (la garbata presa in giro a Patty Pravo esilarante), sorprendente a cantare.
Per il resto, dall’Ariston linea allo studio. Peccato per le polemiche, quando finalmente le canzoni erano al centro.
Paola Bernasconi