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Cronaca
24.07.2019 - 15:010

"A 55 anni ci siamo trasferiti in Spagna. Da noi, trovare lavoro alla nostra età e col passaporto rossocrociato era impossibile..."

Una coppia che ora abita a Javea ci racconta la sua decisione. "È presto per stilare bilanci ma siamo sereni. Con le figlie ci si sente in Facetime e il tempo ha più qualità. Stavamo cadendo in depressione, dovevamo fare qualcosa"

JAVEA – Cambiare vita, e trasferirsi in Spagna. Una decisione sofferta, presa quando non si vedevano prospettive in Ticino. “Stavamo cadendo nella depressione e non ci era mai successo: siamo sempre stata una famiglia normalissima e serena, dovevamo fare qualcosa. Poi è arrivata l’illuminazione…”. 

Katya e Daniele hanno 55 e 58 anni, fino ad aprile vivevano a Morbio. Ora hanno acquistato una casa a Javea, in Spagna. “Dopo 40 anni in cui abbiamo sempre lavorato, io e mio marito ci siamo trovati contemporaneamente senza lavoro. Le nostre figlie sono tutte fuori casa, abbiamo pensato che forse era il momento di cambiare qualcosa”, ci racconta la donna.

“Se cerchi lavoro in Svizzera dopo i 40 anni non ti prendono, soprattutto se hai il passaporto rossocrociato”, dice senza mezzi termini. “Non volevamo trasferirci in Svizzera Interna. Il fondo l’ho toccato facendo un programma occupazionale con la Caritas. Ho avuto a che fare con persone in assistenza e rifugiati, realtà drammatiche di cui si sa l’esistenza ma che personalmente non avevo mai toccato con mano. Sono sempre stata una persona positiva, non lo ero più”.

Non sapevano come uscire dalla situazione che si era creata, finchè non è intervenuto il destino. Una sera a cena un amico di una delle figlie ha parlato dei genitori, che si erano trasferiti in Spagna. “Io e Daniele ci siamo guardati: in quella zona avevamo sognato di comprare una casa di vacanza, poi non si era mai realizzato. Era il periodo di Pentecoste, abbiamo preso l’auto e siamo andati a vedere. Il primo paese che abbiamo visitato non ci convinceva, era troppo costruito, mentre di Javea ci siamo innamorati all’istante. Inoltre, avevo dato un’occhiata ai siti Internet delle agenzie immobiliari e mi era piaciuta una casa. Mentre eravamo sul posto, abbiamo visitato un’agenzia e in un depliant c’era proprio la villetta che mi era piaciuta!”. 

Segni del destino, insomma. Quando tornano in Svizzera, si sentono meglio. “Ci eravamo come risvegliati dal torpore, ci erano tornati l’entusiasmo e la voglia di vivere, eravamo la coppia di prima di perdere il lavoro”.

Ma tra un sogno e una decisione… Ci riflettono a lungo. “Malgrado le figlie sono cresciute e non vivono con noi, la nostra casa di Morbio era un punto di ritrovo per tutti. Loro tre sono state fondamentali ad aiutarci a decidere: ci siamo accorti che realmente abbiamo tre figlie fantastiche”, dice Katya, con la commozione nella voce. “Ci hanno detto che il punto di ritrovo sarebbe stato dove eravamo noi, non contava il luogo”.

E alla fine, fanno il passo. Vendono la casa a Morbio e acquistano quella di cui si erano innamorati a Javea, anche se è un po’ più piccola. A fine aprile il trasferimento, loro due, il cane, il gatto. “Dobbiamo ancora capire quanto costa realmente la vita, perché in questo periodo ci sono molto turisti e i prezzi salgono. Certo, di cassa malati si paga molto meno e la vita è meno cara in generale. Lo stesso stile di vita che avevamo in Svizzera lo stiamo tenendo anche qui, in più abbiamo la piscina. Viviamo in un clima vacanziero”. Ci parla del mare al mattino, degli aperitivi presi all’esterno della casa, della temperatura gradevole, 28 gradi, dell’acqua limpida. Con la canicola di questi giorni, un po’ di invidia è inevitabile…

“Mi mancano magari le mie attività ricreative, le amicizie. Qui non ne abbiamo ancora strette, stiamo cominciando a conoscere gente, ma è difficile capire chi è turista e chi vive qui”, prosegue Katya. Addirittura, vede un salto di qualità nei rapporti con le figlie. “Ci sentiamo su Facetime, e in fondo quelle chiacchierate sono vere. Quando ci si vedeva sempre, alla fine si parlava meno, ognuno aveva la propria vita, ci si incrociava e basta. Ora il tempo è più di qualità. Inoltre loro e i nostri parenti ci vengono spesso a trovare e appena possono si fermano”.

Tre mesi sono troppo pochi per un bilancio. “Però se penso che la Svizzera non ci aiuta, nel senso che non possiamo versare contributi anche volontari per rimpinguare la pensione… Ma ho scoperto, a 55 anni, che si può anche non lavorare e prendersi del tempo per sé, dopo aver dato tanto a lungo. La salute è migliorata, sono serena. Prima quanto mi arrabbiavo quanto a un colloquio dicevano che alla mia età, e per di più svizzera, non avevo possibilità…”.

In caso di nostalgia, si trovano facilmente anche prodotti svizzeri. Per ora, l’avventura spagnola ha il segno più.

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