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Cronaca
13.10.2019 - 14:010

Taglieggiamenti, le giustificazioni della difesa: "Ma il salario era comunque più alto di quello italiano. E non erano operai in stato di bisogno"

Vari i metodi messi in atto dalla Consonni per risparmiare negli anni il 63% sulla somma degli stipendi dovuti

BELLINZONA – È approdato in aula in caso Consonni, ovvero lo sfruttamento da parte di una ditta che si occupava di ammobiliare camere d’albergo, soprattutto, ai danni degli operai. Venivano scelti i dipendenti più deboli, quelli con difficoltà finanziarie, magari non qualificati, quindi non in grado di trovare facilmente lavoro e spesso neppure di leggere i CCL, qualcuno con parenti invalidi. Non potevano perdere il posto.

La difesa contesta tutto ciò ed anzi sta cercando di mostrare che quegli operai non erano proprio in stato di bisogno, se così si può dire, indagando su di loro, sui beni materiali, dalla casa all’auto sino alla moto, persino sull’invalidità della moglie di uno di loro. 

E quel che più fa rabbrividire del racconto di Area, che ha parlato del processo, è che i salari versati, benché taglieggiati, erano superiori a quelli che avrebbero percepito in Italia. Non è quindi il Ccl svizzero il quoziente da considerare per provare il taglieggiamento, ma quello italiano. Un’altra tesi della difesa è che avrebbero potuto trovare un altro posto, dato che il mercato era in espansione.

I sistemi messi in atto da Consonni, erano diversi ed hanno permesso di risparmiare il 63% di quanto avrebbero dovuto dare. Il primo metodo consisteva nell’occupare dei lavoratori distaccati per più dei 90 giorni permessi, notificandone di meno e pagando salario italiano. Poi assumeva i dipendenti con un contratto regolare, ma che in realtà lavoravano tanto e venivano pagati molto meno.

In altre occasioni il salario veniva versato correttamente, ma veniva in seguito imposta la restituzione dell’eccedenza salariale rispetto alla predefinita “spettanza italiana”, che andava in una cassa gestita dal capocantiere.

Sei lavoratori, poi in seguito altri, hanno firmato un contratto a tempo parziale, ma in realtà lavoravano al 100% e oltre. A volte veniva consegnata solo la cosiddetta spettanza italiana, con la scritta a macchina “ricevuto in contanti”: la somma, ovviamente, era diversa da quanto scritto. O ancora, dei bonifici fittizi venivano in seguito riprelevati da un dipendente della fiduciaria presso cui Consonni si appoggiava. 

È proprio lui la chiave, perché nel 2014 si rifiuterà di continuare a prelevare i soldi.

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