BERNA – Nella seconda conferenza stampa da Berna, il tema Ticino arriva quasi in coda. È Berset a riprendere la parola, dopo aver parlato per prima, seguito da Parmelin. “Avrete saputo che sei giorni fa sono stato in Ticino per incontrare Governo, stato di crisi, Medico Cantonale e chi sta affrontando una situazione particolarmente difficile rispetto ad altre regioni meno toccate”, inizia.
“Il Ticino è al fronte e si sta battendo contro la diffusione dell’economia. Abbiamo preso atto del fatto che il Ticino a seguito del lungo weekend ha adottato delle decisioni che vanno oltre quello che prevede l’ordinanza del Consiglio Federale. Siamo in stretto contatto, costante, con le autorità ticinesi, ancora oggi. Stiamo lavorando il più rapidamente possibile per cercare una soluzione. È quanto posso dirvi sinora, stiamo lavorando, in collaborazione con il Ticino”, sono le sue parole.
“Vogliamo essere rapidi ma avere una soluzione che sia stabile. Oggi ci siamo riuniti con il Consiglio Federale per la prima volta dopo le misure adottate dal Ticino, ognuno ha espresso la sua opinione. Siamo in contatto”, ripete Berset. Un giornalista ha sottolineato che le misure ticinesi illegali. Berset ha replicato che ci sarà una presa di posizione. “Dovete lasciarci lavorare: dobbiamo trovare un equilibrio che tenga conto del fatto che la situazione ticinese è particolare ma anche di quello che l’ordinanza svizzera è entrata in vigore solo da una settimana. Il minimo che si può aspettare è che i governi collaborino, per trovare una soluzione soddisfacente per tutti. Vi presenteremo la nostra posizione il prima possibile”.
“Io meno risoluto di Dummermuth? L’Amministrazione deve dire cosa a suo avviso non sia regolare: ed è evidente e senza dubbio che la situazione ticinese non segue l’ordinanza. In seguito dobbiamo ricordare che c’è un Governo anche per riflettere in un ambito eccezionale, in una situazione come questa. Cerchiamo dei punti di convergenza e divergenza, per cercare la miglior soluzione da elaborare in questi casi”, aggiunge poi. "Una volta trovata una soluzione, non so quale sarà, dovrà essere applicabile a tutti. Dobbiamo certamente tener conto delle diversità delle situazioni".
Qualcuno ha chiesto anche del Grigioni. “Siamo in contatto anche con loro. Sinora il Grigioni ha applicato l’ordinanza federale, dobbiamo vedere dove si possono rispettare le direttive sanitarie. Nelle grandi opere è difficile farlo e se non si rispettano le misure sanitarie vanno chiuse: è fattibile rapidamente secondo la nostra ordinanza. La lettera della Val Chiavenna che chiede di non far entrare i frontalieri? Non l’ho ancora vista, ne prenderò atto”.
"Non temo che ci possa essere una frattura tra Nord e Sud delle Alpi o tra Ticino e la Berna capitale? Dobbiamo stare molto cauti, far sì che la Svizzera resti coesa, pur con le sue differenze. Si deve rimanere uniti, per questo abbiamo deciso lo stato di emergenza nazionale. Non temiamo una rottura, vogliamo restare in contatto con gli attori e trovare una soluzione stabile applicabile a tutto il Paese. In Ticino la situazione si è ribaltata rispetto all'ordinanza, ci vogliono buona volontà e pragmatismo per una soluzione che vada bene per tutti".
Berset: “Non è un 100 metri bensì una maratona”
“Da una settimana circa ci troviamo in situazione straordinaria, è ora di fare il primo punto della misure. C’è una situazione non semplice per i cittadini, il popolo, le istituzioni, le aziende, dato che sono state prese misure forti per rallentare la diffusione e proteggere i deboli e il sistema sanitario. Va sottolineata l’ottima collaborazione avuta coi Cantoni, con le cellule di crisi. Anche se ci sono realtà diverse fra i Cantoni tutti abbiamo lo stesso obiettivo, proteggere la popolazione. Per questo serve un’azione comune e coordinata. Abbiamo contatti permanenti coi Cantoni, ho fatto visite sul campo, negli ultimi giorni ho incontrato i presidenti dei vari cantoni”.
“In Svizzera abbiamo 9765 casi positivi, un aumento notevole rispetto a ieri, ma è una progressione che si aspettavamo. 74'000 persone sono risultate negative ai test, fra poco 10mila test per milioni di abitanti, il paese che ha testato di più al mondo i suoi cittadini. Lo facciamo per essere il più trasparenti possibile, per garantire un follow up costante. Ci auguriamo di poter continuare a testare”.
“Possiamo trattare un primo bilancio delle misure, ricordando che tutto dipende dal comportamento reale delle persone. Abbiamo adottato misure severe che fanno appello alla partecipazione della popolazione. Alcune misure sono molto ben applicate, le Polizie Cantonali ci dicono che ci sono pochi problemi: ci sono sanzioni e multe, ma le cose funzionano bene, c’è molta disciplina e molta responsabilità individuale. Tutti insieme dovremo continuare così, siamo solo all’inizio, dobbiamo ricordarcelo. È entrato tutto in vigore da una settimana, sembra tanto ma è poco e il tutto durerà a lungo. La Svizzera continua a funzionare, seppur a un ritmo rallentato, e possiamo garantire l’accesso ai servizi e ai prodotto che ci servono. Vanno evitati i contatti sociali non indispensabili e quelli nel tempo libero, per questo abbiamo chiuso i luoghi dove essi avvengono. Vanno protetti in particolare i più vulnerabili. Si deve poter continuare a lavorare, anche se da casa. Lavorare non è pericoloso ma le misure igieniche vanno rispettate. Se le aziende non possono garantire queste misure vanno chiuse”.
“Le cose funzionano, c’è speranza, c’è tanta gente che aiuta, questo ci dà coraggio, per le prossime settimane e mesi. Dobbiamo vivere più lentamente. Non è una corsa sui 100 metri bensì una maratona, ci serve perseveranza”.
"Geolocalizzazione coi cellulari? Servirà a vedere se le misure sono applicate e se a posteriori, da febbraio a oggi, se le misure adottare a tappe sono state adeguate e sono state seguite, dato che ho spiegato a più riprese quali sono. L'effetto è confermato dall'analisi globalizzata. Non si tratta di geolocalizzazione dei gruppi o sorveglianza anonimizzata. Ci dovremo chiedere che cosa potrebbe essere efficace per le persone nel seguire la situazione in futuro. Si nota che quando un virus entra in un paese esso è presente e rimane lì, dovremo gestire il tutto su mesi o anni. Adesso in maniera anonimizzata vogliamo solo vedere se le misure sono efficaci, più in là si potrà usare il sistema sentinella dei medici per esempio sull'influenza per poter dare informazioni ai cittadini".
"Il 19 aprile si prolungheranno le chiusure? È un'interpretazione eccessiva di quanto ho detto rispetto al fatto che sia una maratona. Non voglio dire in questa situazione quanto durerà, non lo so. Il 19 aprile comunque è tra un mese e con queste misure così drastiche è già una mezza maratona".
Parmelin: “Chi può lavorare lo faccia”
“Salute e economia al centro della crisi. Siamo consapevoli che non avremo ancora risolto tutte le problematiche ma voglio ribadire che vi aiutiamo, che lo stiamo facendo e continueremo a farlo. Abbiamo adottato delle misure per sostenere il mondo del lavoro: i disoccupati ora non devono dimostrare che stanno cercando lavoro (lo dovranno fare al più tardi un mese dopo la fin dell’emergenza) e beneficeranno di 120 indennità giornaliere, chi ha perso il lavoro avrà un primo colloquio telefonico con gli addetti degli URC. Il lavoro ridotto è stato è stato allungato a 6 mesi con il preavviso tolto, per accelerare il disbrigo delle pratiche. Viene anche annullato l’obbligo di annunciare i posti vacanti, per permettere il reclutamento più agile di personale in settori critici, come il farmaceutico o il sanitario. Per la logistica, l’agricoltura, il servizio di messaggistica, gli URC devono sostenere i lavoratori e lo fanno. I datori di lavoro devono contattare degli specialisti anche senza l’obbligo di annunciare i posti vacanti”.
“Qualcuno si sente dimenticato, non è così. A livello di pigioni non ci siamo ancora espressi e alcune categorie di indipendenti si sono fatti sentire. Cercheremo di fare il massimo per risolvere tutti i problemi, per far sì che alla fine dell’epidemia la Svizzera sia pronta a ripartire, uscendo dalla crisi il più rapidamente possibile. Non è facile ma per raggiungere l’obiettivo è fondamentale che le aziende che possono lavorare lo facciano. Il Consiglio Federale è cosciente che molti lavoratori sono inquieti, per quello chiediamo ai datori di lavoro di adottare le misure necessarie. I Cantoni possono chiudere chi non soddisfa queste misure, ma deve essere l’ultima ratio. Non si deve rompere la catena di produzioni fondamentali, per esempio pensiamo agli apparecchi respiratori medici che vengono forniti agli ospedali”.
“Abbiamo bisogno di pazienza, di fiducia, di solidarietà. L’aiuto prioritario sta arrivando, le misure sono state prese, ne arriveranno altre. Ci vorrà un po’ di tempo prima che la popolazione veda i risultati, dobbiamo renderci conto dell’enormità delle richieste che arrivano, ieri sera quelle 384mila richieste di collaboratori e 34mila di aziende per il lavoro ridotto, per il 9% dei lavoratori totali: non era mai successo. Cerchiamo di mettere a disposizione gli aiuti il più rapidamente possibile. Sappiamo che ci saranno ritardi dei pagamenti, d’altronde non siamo abituati a una situazione simili. Dobbiamo avere solidarietà, anche fra un po’ quando persino chi beneficia degli aiuti si troverà in difficoltà”.
Koch: "Ora abbiamo le capacità per produrre il numero necessario di mascherine".
"Siamo attorno a circa 10mila mascherine al giorno come capacità produttiva".