CRONACA
La rabbia di un over65: "La sedicente protezione degli anziani serve a distinguire adulti di tipo A e adulti di tipo B. Non siamo impediti e tutti dementi"
Franco Ambrosetti sbotta: "Non siamo noi quelli che si riuniscono in gruppi a far festa o che possono creare grattacapi alle forze dell’ordine". E accusa chi non vuole curare i degenti in case anziani

BELLINZONA – Non è un periodo semplice in particolare per gli over 65. Molti non accettano di buon grado la proibizione di fare la spesa, tra loro l’imprenditore e musicista Franco Ambrosetti. “Noi «anziani» non siamo impediti e i vecchi non sono tutti dementi”, protesta con forza.

“Davvero? Noi «anziani» non siamo così rimbambiti da non essere capaci di stare in casa anche senza i divieti statali. Non siamo noi quelli che si riuniscono in gruppi a far festa o che possono creare grattacapi alle forze dell’ordine. Noi nell’ordine, nello Stato di diritto, crediamo e alla nostra età chiediamo il rispetto e la riconoscenza che ci sono dovuti per il contributo offerto da ognuno di noi a questo cantone negli anni in cui eravamo attivi in tantissimi ruoli importanti della società civile. La fierezza che il Governo di questo piccolo grande Stato sbandiera ogni due per tre, la deve anche a noi”, afferma in un articolo di ieri sul Corriere del Ticino.

“Sappiamo proteggerci da soli: essere over 65 non vuol dire essere menomati con necessità di assistenza e compatiti. Portare il pannolone non ti priva del diritto di voto. E poi, quale sarebbe la logica che permette a 64 anni di fare la spesa e a 65 no? Dato che ogni decisione del Governo è supportata da criteri scientifici, chiedo, qual è il criterio scientifico alla base di questa scelta?”, si chiede, poi attacca: “La sedicente protezione per gli «anziani» serve ad evitare afflussi massicci di «anziani» malati nei reparti di terapia intensiva. Una decisione che ha come scopo di tenere i posti in terapia intensiva liberi per i più giovani. Come se in una democrazia liberale fosse legittimo operare un distinguo tra adulti, quelli di tipo A e quelli di tipo B”.

Facendo l’esempio delle case anziani. “Ho sentito, per esempio, che le persone residenti in casa per anziani, qualora avessero complicazioni dovute al coronavirus, non verrebbero trasportate in ospedale, ma riceverebbero solo cure palliative perché tanto non ce la farebbero lo stesso, nonostante si siano svenate a pagare migliaia di franchi in contributi obbligatori alle casse malati pensando di poter usufruire di assistenza adeguata, sempre, soprattutto da vecchi”.
E si lascia andare all’amarezza. “Cosa abbiamo sbagliato? Significa che i malati vecchi hanno meno diritti dei malati giovani? E devono rinunciare a essere ospedalizzati e magari guariti fosse anche solo per un breve periodo? Chi si arroga il diritto di decidere se un paziente ha diritto ad avere cure o no? E soprattutto, chi può vantarsi di avere la verità in tasca per essere certo che quel vecchio non guarirà? A volte la prognosi è quasi certa. A volte invece no”.

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