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Cronaca
17.06.2020 - 14:200

Francesco Lepori: "Così è cambiata la cronaca giudiziaria in Ticino"

Intervista al giornalista RSI all'indomani della presentazione del suo terzo libro. "Ecco come è nata l'idea di raccontare la cronaca giudiziaria ticinese"

BELLINZONA – È stato presentato ieri all’Università della Svizzera Italiana il libro ‘La cronaca giudiziaria ticinese’ – edito da Helbing Lichtenhahn Verlag di Basilea – e scritto a quattro mani dal giornalista RSI Francesco Lepori e dall’avvocato Davide Cerutti.

Con Lepori – alla sua terza pubblicazione dopo “BSI fuori rotta” e “Il Ticino dei colletti sporchi” – abbiamo parlato del nuovo libro e di come e quanto è cambiata la cronaca giudiziaria del nostro Cantone.

Francesco, da dove è nata l’idea di scrivere un nuovo libro?

“L’idea è nata dopo uno scambio di opinioni con l’amico e avvocato Davide Cerutti, che si occupa dei miei stessi temi ma da un’altra prospettiva. Ci siamo resi conto che la situazione è profondamente cambiata e divenuta più problematica rispetto agli scorsi anni...”.

In che senso?

“Un tempo, all’interno delle redazioni c’erano delle figure di riferimento per la cronaca giudiziaria. Penso, per esempio, a Marco Bazzi e Andrea Manna, che per me sono stati dei veri esempi e modelli. Professionisti capaci di trasmettere e insegnare il vero senso della professione di cronista e il gusto per la ricerca della notizia. Sono stati dei capofila a cui devo molto e a cui sono profondamente grato per quanto mi hanno insegnato”

Dicevi però che i tempi sono cambiati…

“Certo che sono cambiati: l’informazione oggi corre sempre più veloce. E la crisi editoriale e lo sviluppo dei portali web ha portato alla scomparsa dei redattori specializzati nella nera e nella giudiziaria. Oggi, tutti si occupano di tutto e devono farlo in fretta. Ovviamente ne risente la qualità del prodotto. Io e Davide ci siamo dunque proposti di mettere a nudo questi problemi monitorando un anno di cronaca giudiziaria in Ticino. Questa sorta di inchiesta ha preso in esame undici mesi del 2019”.


L’interesse della popolazione verso la cronaca nera e giudiziaria resta comunque alto…

“Sì, è vero. Le persone sono sempre interessate a questo tipo di notizie, e vogliono anche una fruizione immediata delle stesse. Oggi la gente vuole sapere subito che cosa è successo, ma questo comporta almeno due rischi...”.

Cioè?

“Si rischia di cadere in errori dovuti alla fretta e di trascurare il quadro generale del fatto, di non circostanziarlo, insomma”.

Come hai visto cambiare la cronaca giudiziaria negli ultimi anni?

“Bella domanda. Conducendo le ricerche per altre pubblicazioni ho letto molte cronache ticinesi anche di 50 anni fa. Il contesto allora era molto diverso. La qualità giornalistica era alta e i giornali riempivano pagine e pagine di cronache sui processi. Ma rispetto ad ora c'era un modo diverso di operare: oggi ci sono meno mezzi e meno tempo da dedicare alle notizie. La sfida, a mio avviso, sta proprio in questo: offrire in condizioni più difficili un prodotto completo e di qualità in un settore che richiede precisione, chiarezza e al tempo stesso tempestività. Oggi è anche più complicato trovare le notizie: anni fa c'era un contatto diretto con le autorità giudiziarie. Poi è aumentata la distanza tra il giornalista e i magistrati: ora il dialogo è filtrato e mediato dai portavoce degli inquirenti”.


Ed è cambiato anche il quadro legislativo, e le nuove limitazioni giuridiche sono un ostacolo per chi si occupa di cronaca giudiziaria…

“Esatto. Penso soprattutto al fatto di dover omettere nomi di vittime e imputati. Io credo invece che in determinate circostanze, l'opinione pubblica abbia diritto di sapere chi è l'autore di certi reati, non solo di chi è socialmente pericoloso. Faccio un esempio: omettere il nome di certi avvocati finiti sotto inchiesta significa lasciare aleggiare il sospetto sull’intera categoria. Lo stesso vale per i medici o altri professionisti. Per quanto riguarda invece le vittime di reato è giusto tutelarle, ma solo nel caso in cui esista un fondato motivo per farlo, altrimenti i troppi paletti imposti finiscono per rendere quasi impossibile il lavoro sul campo”.

Raccontaci una tua “giornata tipo” sul fronte della cronaca nera e giudiziaria…

“La mia giornata si svolge su due fronti: il lavoro sui dossier già aperti e la ricerca di nuove notizie. Mi fisso delle note e sulle base di queste inizio a lavorare. Al telefono o sul campo: i contatti sono fondamentali, altrettanto lo è immergersi nell’ambiente, anche uscendo dalla redazione. Poi, una volta che sei entrato nell’ambiente e che ti sei fatto conoscere e hai conquistato la fiducia delle persone, le notizie ti arrivano. Credo che la passione e la curiosità siano componenti fondamentali del cronista che si si sono un po’ perse. Oggi ci sono diversi giovani giornalisti in gamba, ma che non hanno interesse per quello che considero uno degli aspetti fondamentali della professione”.

Il tuo lavoro, però, spesso implica anche lati negativi come il timore di eventuali ripercussioni...

“Sì, è inutile negarlo. Io - come altri colleghi - tratto di vicende che hanno sconvolto le vite di alcune persone. E sono consapevole che il mio lavoro comporta per loro una sofferenza ulteriore. Per questo, presto la massima attenzione a riportare i fatti correttamente e a preavvisare le parti di quello di cui riferirò. Anche un po’ per prepararle all'impatto mediatico. Poi, ci sono le preoccupazioni per una denuncia penale a tuo carico nel caso in cui tu commetta degli errori. Ma questo non mi spaventa, anzi, aumenta il mio senso di responsabilità. D’altra parte gli interlocutori o i loro legali ti mettono a volte sotto pressione solo per scoraggiare la pubblicazione di questa o quell’altra notizia che li riguarda".

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