BERNA - Nel 2019, più del 70% della popolazione svizzera ha dichiarato di avere un’appartenenza religiosa. Un quarto della popolazione partecipa a una funzione religiosa collettiva più di cinque volte all’anno e la maggioranza della popolazione prega almeno una volta all’anno. Poco più dell’8% della popolazione dichiara di essere stato vittima di discriminazione a causa della sua appartenenza religiosa. Secondo l’indagine sulla lingua, la religione e la cultura dell’Ufficio federale di statistica (UST), rispetto al 2014 l’importanza attribuita alla religione e alla spiritualità nell’educazione dei figli è diminuita.
Nel corso degli ultimi anni la trasformazione del panorama religioso ha guadagnato velocità. Cinquanta anni fa quasi tutta la popolazione svizzera era di religione protestante (49%) o cattolica (47%). La quota di persone appartenenti a queste due comunità religiose è scesa rispettivamente al 23 e al 35%, mentre la proporzione della popolazione senza appartenenza religiosa è passata dall’1% circa a più di un quarto del totale (28%). La quota delle altre comunità cristiane o evangeliche e delle altre religioni rappresenta il 7,1% e quella delle comunità musulmane il 5,3%.
Partecipazione alle funzioni religiose e frequenza della preghiera
Nel 2019, poco più di un quarto della popolazione (26%) ha partecipato più di cinque volte all’anno a una funzione religiosa collettiva. Il 40% lo ha invece fatto tra una e cinque volte all’anno. Di queste persone, l’87% ha partecipato a una funzione per un evento di ordine sociale, per esempio in occasione di un matrimonio o di un funerale.
La maggior parte della popolazione (55%) prega almeno una volta all’anno. Le persone della comunità protestante che dichiarano di non aver mai pregato negli ultimi 12 mesi sono proporzionalmente più numerose (38%) rispetto a quelle delle comunità musulmane (31%) e cattoliche (30%). Quelli che pregano più spesso sono i membri delle altre comunità evangeliche: il 30% di loro prega più volte al giorno e il 54% tutti i giorni o quasi. Circa una persona su cinque (19%) tra quelle che hanno indicato di non avere alcuna appartenenza religiosa prega almeno una volta all’anno.
La credenza in un unico Dio rimane la più diffusa
La quota di persone che dichiarano di credere in un unico Dio ha subito grandi cambiamenti dall’ultima indagine del 2014. Questa credenza continua a essere la più diffusa tra la popolazione, ma tende al ribasso, passando dal 46% nel 2014 al 40% nel 2019. Un quarto della popolazione ha dichiarato di non credere né in un unico Dio né in più divinità, ma di credere in una sorta di forza superiore, una proporzione rimasta invariata rispetto al 2014. La quota di persone atee è invece aumentata, passando dal 12 al 15%, così come quella delle persone agnostiche, ovvero quelle che hanno indicato di non sapere se un unico Dio o più divinità esistono o meno, che è passata dal 17 al 18% nello stesso periodo.
Si è osservato che negli ultimi 12 mesi quasi un quarto della popolazione (24%) ha praticato con intento spirituale una tecnica basata sul movimento o sulla respirazione, come ad esempio lo yoga, il Tai Chi o il Qi Gong, contro il 19% rilevato nel 2014. Anche le pratiche volte allo sviluppo personale sono in aumento, attestandosi al 23% nel 2019 contro il 21% nel 2014.
Educazione dei figli: religione e spiritualità importanti ma in calo
Nel 2019, circa un terzo dei figli di meno di 15 anni non aveva appartenenza religiosa. Nel 2014 tale proporzione era di un quarto. Tuttavia, per il 42% della popolazione (il 47% nel 2014), la religione o la spiritualità rivestivano un ruolo piuttosto o molto importante nell’educazione dei figli. Più di un quinto dei genitori (22%) ci tiene a educare i propri figli di meno di 18 anni secondo i principi della propria religione, per il 15% di loro è importante trasmettere ai propri figli valori spirituali e il 44% preferisce trasmettere loro valori che non siano né religiosi né spirituali.
Discriminazione a causa dell’appartenenza religiosa
Nel 2019 l’8,2% della popolazione ha dichiarato di essere stato vittima di discriminazione a causa della propria appartenenza religiosa. Le persone che fanno parte delle comunità musulmane sono particolarmente colpite da tale fenomeno, il 35% di loro ha infatti indicato di essere stato vittima di una discriminazione fondata sulla religione in almeno un caso concreto in Svizzera. Seguono poi le persone di altre religioni e quelle di altre comunità evangeliche, rispettivamente con il 26 e il 17%.
La discriminazione può essere vissuta in diversi contesti (ambito professionale, scuola o durante una formazione, ricerca di abitazione ecc.). Tra le persone che hanno dichiarato di essere state vittima di una simile esperienza a causa della loro appartenenza religiosa, il 50% dice di averla vissuta nell’ambito di una conversazione.