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Cronaca
28.11.2022 - 15:240
Aggiornamento: 05.12.2022 - 16:10

La tragedia del rave di Roveredo: la 19enne morta stava male ma nessuno ha chiamato l'ambulanza. La testimonianza di un amico

"Molti di quelli che erano giunti in auto temevano che salisse anche la polizia e che a seguito di controlli potessero perdere la patente”

BELLINZONA - Un amico della 19enne del Luganese morta ieri sera all’ospedale San Giovanni di Bellinzona dopo un rave party abusivo organizzato ai piedi della diga della Roggiasca, sui monti di Roveredo, ha rivelato alcuni dettagli che potrebbero profilare l’omissione di soccorso. Il ragazzo conosceva la giovane da circa un anno, e racconta di averla più volte avvertita dei pericoli che correva assumendo regolarmente sostanze psichedeliche, come la ketamina.

Sabato la 19enne è arrivata alla diga insieme ad altri giovani. Al rave party c’erano un centinaio di persone. “Già la sera di sabato tutti abbiamo visto che lei non stava bene. In piedi sulle casse della musica, sembrava addormentata. L’abbiamo fatta scendere e accudita accanto al falò acceso per riscaldarci, viste le temperature molto rigide”. Ma la ragazza non ha dato segni di ripresa e il giorno dopo, verso le 14, “non essendo cambiate le sue condizioni e considerato il suo battito cardiaco sempre più debole, ho insistito sul fatto che bisognava assicurarle un’assistenza adeguata. Bisognava chiamare l’ambulanza. Ne abbiamo discusso, ma purtroppo nessuno dei suoi amici con i quali era salita ha voluto farlo. Il motivo è semplice. Molti di quelli che erano giunti in auto temevano che oltre all’ambulanza salisse anche la polizia e che a seguito di controlli potessero perdere la patente”.

Alla fine, alcuni presenti hanno deciso di caricarla in auto e di portarla al San Giovanni. Ma ormai era troppo tardi. Sono stati identificati in seguito grazie alle telecamere di videosorveglianza che hanno permesso di risalire alla targa del veicolo.

Diplomatasi al Centro scolastico per le industrie artistiche di Lugano, la vittima aveva iniziato una formazione come pittrice, senza però riuscire a proseguirlo. Si era quindi dedicata ai tatuaggi. «Da quanto mi raccontava – prosegue il testimone - i suoi genitori erano molto preoccupati per lei, per la sua salute e per le compagnie che frequentava. Era anoressica, stava in piedi con due mele al giorno. Consumava sostanze ma non beveva alcol. E rifiutava sia di confrontarsi con i familiari, sia di ascoltare i consigli degli amici”.

 

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