Economia
13.04.2018 - 09:150
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43
Ottimismo per il Ticino! "Anche dalla Svizzera Interna se ne sono accorti", gioisce Martinetti, che però non abbassa la guardia: "non significa sottovalutare le criticità della crescita"
Parla il presidente della direzione generale di BAK Economics, che aveva realizzato lo studio che diceva che il Ticino è cresciuto più degli USA: "l'economia italiana era in crisi, quella ticinese è cresciuta di un quarto. E dei settori prima di piccole dimensioni ora sono importanti"
BELLINZONA – “Una crescita economica più rapida di quella degli Stati Uniti”, era stata una delle conclusioni di uno studio di BAK Economics, presentato in collaborazione con la Camera di Commercio. Una radiografia positiva dell’economia ticinese, nonostante i conclamati problemi, che aveva stupito molti. Ma attraverso le pagine di Opinione Liberale, Marc Bros de Puecherdon, presidente della direzione generale di BAK Economics rilancia.
“A dispetto della crisi finanziaria, delle difficoltà per la piazza bancaria ticinese, così come della crisi del turismo, l’economia ticinese si è dimostrata dinamica e con un percorso di crescita durevole. Ad essere in particolare notevole è il confronto di quest’ultima nel contesto internazionale: dal 2005, il Canton Ticino ha avuto una crescita particolarmente più rapida rispetto agli Stati Uniti e alla media dell’Europa occidentale. E mentre l’economia italiana, in questo stesso periodo, era in fase di stagnazione, l’economia ticinese è progredita di un quarto”, scrive.
A cosa è dovuta questa evoluzione? “Tale progresso è stato principalmente determinato da una forte espansione dell’occupazione, la quale ha da un lato stimolato la domanda di forza lavoro proveniente dall’Italia, ma anche portato a delle opportunità di occupazione per la crescente popolazione residente in Ticino. Nel periodo in questione la quota dei disoccupati è infatti rimasta stabile, mentre è salito il tasso di disoccupazione medio dell’Europa occidentale e soprattutto quello italiano”. Insomma, i frontalieri hanno preso tanti posti di lavoro, ma ce ne sono stati, fa notare, anche per i residenti.
Se gli agglomerati di Bellinzona, Lugano, Locarno e Chiasso-Mendrisio hanno trainato il Cantone, un po’ indietro è rimasto quello di Locarno. In generale, “il Canton Ticino, presenta inoltre complessivamente un modello di specializzazione economica che sta iniziando ad essere di sostegno alla crescita a livello macroeconomico. L’ottima prestazione conseguita è dovuta all’ampia crescita registrata in certi settori. Alcuni di essi, finora di piccole dimensioni, come ad esempio il settore informatico, hanno aumentato in modo significativo la loro presenza nel Canton Ticino, grazie all’inarrestabile crescita degli scorsi anni. Questo positivo cambiamento strutturale sembra destinato a permanere e a caratterizzare fondamentalmente anche in futuro la crescita economica nel Canton Ticino”.
Il presidente CC-Ti Glauco Martinetti fa notare che qualche tempo fa anche la Neue Zürcher Zeitung sottolineava come il Ticino non è più il figliolo povero della Svizzera e come siano arrivati riconoscimenti importanti dalla Svizzera Interna, come la decisione di UBS d’insediare a Manno il suo nuovo polo tecnologico e l’adesione del Ticino alla Greater Zurich Area. Fra i fattori positivi, enumera, sempre parlando al settimanale liberale, “il notevole aumento del PIL pro capite, una crescita della produttività che si è allineata alla media nazionale e una forte espansione dell’occupazione che dal 2005 al 2016 ha registrato un aumento del 24%. Un sistema produttivo che ha ottenuto spesso performances superiori a quelle ottenute nel resto della Svizzera e in altri Paesi europei”.
Attenzione però che ciò “non significa assolutamente sottovalutare alcune criticità di questa crescita, talune distorsioni del mercato del lavoro o le difficoltà ancora presenti in certi settori. Anzi, non possiamo che ribadire la nostra volontà di affrontare e risolvere questi problemi assieme agli altri partner sociali e alle Istituzioni. Siamo altresì convinti che oggi possiamo, e dobbiamo, guardare con più fiducia e ottimismo alla nostra economia”.