BELLINZONA – Riesplode il caso Gucci. Ieri Falò ha dedicato una puntata al mondo della moda, Modem invece ha sentito le testimonianze di alcuni lavoratori. E si è scatenato un caos!
Eloquente il titolo: “Chi ci guadagna? Noi no”. Interpellati due ex dipendenti dei magazzini ticinesi della Luxury Good Logistics (LGL), azienda che fa capo al gruppo del lusso Kering e che gestisce la logistica del brand Gucci.
Com’erano le loro giornate lavorative? Prima di tutto, organizzate all’ultimo momento. L’orario e la sede (e ce ne sono sparse per il Ticino) venivano comunicati di giorno in giorno e attraverso WhatsApp.
Ma a far rimanere a bocca aperta sono le condizioni. “Ci dicono di correre, di rispettare i numeri di produzione, di non parlare con le altre persone. Ci dicono ‘fate quello che volete, però se andate in bagno i numeri di produttività si abbassano’”, racconta un ex dipendente. In caso di non rispetto dei numeri, partono le email di richiamo. Il licenziamento potrebbe seguire.
Dunque, non si può andare in bagno durante i turni, non si può nemmeno bere. Il che non è semplice durante l’estate, dove i magazzini sono parecchio caldi. Un ex dipendente racconta di aver dovuto attendere quattro ore per dissetarsi, dato che non ci si poteva portare la bottiglia d’acqua.
E d’inverno? I magazzini non sono riscaldati e i dipendenti devono indossare maglietta, pile e giacca rossi, che talvolta gli stessi lavoratori sono costretti ad acquistare: non sufficienti per scaldarsi!
Il tutto per un salario che è di circa 15 franchi netti orari! Come riporta Modem, il 90% dei 450 impiegati è frontaliere, e 280 sono assunti tramite agenzia interinale.
Luxury Good dal canto suo ha smentito, come prevedibile, tutte le accuse, spiegando di rispettare le norme sul lavoro.