MILANO – C.B. è architetto, si è laureata all’Accademia di Architettura di Mendrisio. Dopo qualche esperienza in Ticino, anche in proprio, si è ritrovata a dover cercar lavoro. E dopo tanti no, tanti curriculum inviati senza risposta, un lavoro che non era nel suo campo per guadagnare, la svolta è arrivata in un modo inaspettato.
Da qualche tempo lavora in Italia, a Milano. Fa la frontaliera al contrario, in pratica. L’abbiamo intervistata per farci raccontare questa esperienza e cosa pensa di un Ticino che non ha saputo offrirle il posto tanto desiderato.
Che effetto fa fare la frontaliera al contrario?
“È strano! Non avrei mai pensato di lavorare in Italia; però ne sono felice. Milano è una città stupenda, caotica ma piena di cultura e novità. È un’avventura!”
La sua non è stata propriamente una scelta, come si sente a dover andare in Italia per lavorare?
“Questo mi lascia un po’ d’amaro in bocca. Le possibilità di lavoro in Ticino sono estremamente basse in tutti i settori lavorativi e forse l’architettura è uno dei peggiori. Pensi che in disoccupazione mi hanno detto che non valeva la pena mi iscrivessi perché non hanno mai trovato lavoro per un architetto!”
Ci racconta qualcosa delle sue ricerche di lavoro in Ticino?
“Passavo le giornate ad inviare candidature alle quali non ricevevo praticamente mai risposta. Quando invece riuscivo ad ottenere un colloquio venivo scartata perché “non avevo abbastanza esperienza” oppure “ero troppo qualificata”. Tanti miei ex compagni di università italiani però lavorano in Ticino e hanno trovato lavoro subito dopo il diploma”.
Sono aumentati ancora i frontalieri, mentre i ticinesi sono disoccupati. Cosa pensa di questa situazione? Di chi è la colpa?
“Credo che la situazione sia drammatica. I giovani faticano sempre di più a trovare lavoro e come me scappano dal Ticino per potersi costruire un futuro. Spesso sento dar la colpa ai frontalieri, ma non è corretto. Chi non coglierebbe l’opportunità di lavorare in Ticino e vivere bene in Italia? La colpa è della politica che non regola in alcun modo le assunzioni e gli stipendi. Ma è un problema molto più ampio ed intricato”.
Che tipo di ambiente lavorativo ha trovato? È stata accolta bene essendo svizzera, o i “dissapori” ticinesi si trascinano fino a lì?
“L’ambiente in ufficio è molto bello; i miei colleghi sono tutti gentili e mi hanno accolta con gioia. Sono curiosi e spesso mi chiedono di raccontargli qualcosa del Ticino. Non ci sono dissapori, ma credo che ciò sia dovuto anche dal fatto che Milano è una realtà metropolitana”.
Il suo sogno è tornare in Ticino?
“Magari un giorno; per ora mi godo questa nuova avventura. Ho imparato a non pianificare troppo la propria vita perché è sempre pronta a sorprenderci!”.