di Mario Galli *
Che si debba dirigere un’azienda o condurre affari privati, che si stia progettando una vacanza, gestendo il bilancio familiare, o anche solo decidendo di cambiare la recinzione del giardino, da qualche tempo nessuna di queste e di quasi tutte le altre attività è più possibile con la disinvoltura di un tempo, complice un vecchio demone che credevamo morto e che invece è risorto dal passato, dopo un lungo sonno durato decenni: l’inflazione.
Tra le diverse cause all’origine di questo sgradito ritorno sulla scena c’è l’andamento dei prezzi delle materie prime, ormai a un passo tale da poter far rapidamente deragliare il potere d’acquisto di famiglie e imprese, anche perché esso non appare guidato tanto dall’espansione delle economie, quanto da un complesso insieme di fattori, tra i quali prevalgono, con funzione determinante, certe ragioni esogene.
Si veda, a titolo di esempio, il grafico storico di uno dei tanti indici dell’andamento dei prezzi dei beni di maggior interesse, l’Indice CRB, che riassume il comportamento di 19 commodities fondamentali come alluminio, cacao, caffè, rame, cotone, petrolio, gas naturale, zucchero, ecc.
Due fatti subito saltano all’occhio: il primo è che questo indicatore, come anche altri più o meno simili, è ancora sensibilmente al di sotto dei massimi raggiunti prima della grande crisi del 2008-2009; il secondo è la lunga fase discendente che ha caratterizzato il periodo che va dal 2011 al 2019, anni nei quali l’economia manifestava una cronica stanchezza legata all’esaurirsi degli stimoli economici e finanziari introdotti a seguito della crisi citata (la brusca caduta di inizio 2020 ha origini diverse, in quanto connessa al diffondersi del virus covid).
In relazione al primo punto (indice delle materie prime al di sotto dei massimi 2008), meglio non farsi troppe illusioni. Esso è legato al fatto che qualcuna tra le principali commodities considerate è ancora sensibilmente al di sotto dei valori raggiunti nel 2008. Trattandosi proprio di petrolio e gas, i cui mercati ed equilibri globali sono stati sconvolti dalla guerra in atto, le future prospettive appaiono quantomai fosche.
Riguardo al secondo punto, invece, è palese che la situazione economica che ha preceduto il diffondersi del covid e poi la guerra era caratterizzata da una certa fiacchezza, che avrebbe fatto pensare ad una discesa dei corsi delle materie prime, più che alla straordinaria espansione attualmente in atto.
Covid e guerra hanno sconvolto questo scenario, innescando una serie di forze di diverso segno, il cui risultato finale sono i prezzi stellari della maggior parte delle commodities, nel mondo. Le materie prime sono diventate il protagonista dei mercati e l’appetito verso tali beni, in uno con l’uso di leve speculative di proporzioni inusitate, ha portato a questo ambiguo, enigmatico boom dei prezzi. Molte tra le più importanti materie prime, infatti, hanno raggiunto livelli massimi storici.
Nonostante la possibilità di una (temporanea) correzione, anche significativa, dei corsi delle materie prime , dopo la fase fortemente espansiva che ha fatto seguito all’insorgere della pandemia e quella più recente, legata alla guerra, la concomitanza di una serie di fattori continuerà a sostenere le quotazioni delle commodities, sia nel breve che nel più lungo termine.
Tali fattori, che stanno agendo simultaneamente sui mercati, sono numerosi e di diverso tipo: economico, finanziario, geopolitico, esogeno rispetto agli altri.
Volendo compiere una sintetica disamina, occorre citare, tra i fattori economici:
- i colossali piani di spesa per la realizzazione di infrastrutture in USA e Cina;
- gli investimenti nella economia verde;
tra i fattori finanziari
- l’interesse di investitori e speculazione alla costante ricerca di rendimento, in un contesto di elevato rischio sistemico e di tassi di interesse prossimi a zero;
- la ricerca di forme di protezione “reale” dalla perdita di potere d’acquisto del denaro, vista la perdurante presenza della enorme massa di liquidità (valuta fiduciaria) creata dai banchieri centrali, negli ultimi decenni;
tra i fattori geopolitici
- una accresciuta competizione tra le maggiori potenze per il controllo delle risorse naturali, essendo ormai giunto al termine, in modo irreversibile, il lungo periodo di equilibrio successivo alla “guerra fredda” e, in ultima analisi, risalente agli assetti politici costituiti a seguito del secondo conflitto mondiale; in tale competizione, tra l’altro, le risorse naturali possono anche costituire un’arma di ricatto o di ritorsione, dal potere micidiale;
tra i fattori esogeni
- gli effetti della pandemia e della guerra hanno reso evidente, in modo rapido e violento, la fragilità di un sistema completamente interconnesso e fortemente globalizzato; ciò ha avuto conseguenze sconvolgenti sugli equilibri internazionali di domanda-offerta di beni, avendo influito in modo drastico sulla concreta disponibilità di risorse, sulle catene di approvvigionamento, sui trasporti, sulla sopravvivenza stessa di molte aziende, sulla possibilità di accedere a prodotti indispensabili, per ragioni estranee all’andamento dell’economia, dei mercati, o per ragioni politiche.
La grave situazione in cui si trova il porto di Shanghai (primo per traffico nel mondo) da alcuni giorni è solo l’ennesimo segnale del caos che potrà continuare a pesare sull’equilibrio commerciale, nel mondo. Il porto non è stato chiuso a causa della recrudescenza pandemica in atto in Cina (come è accaduto, invece a molte aree urbane e industriali di primaria importanza), ma l’impossibilità di reperire automezzi e camionisti, per le nuove restrizioni legate al virus, ha prodotto una paralisi delle operazioni di carico e scarico e uno straordinario affollamento di navi in attesa, con conseguenze facilmente immaginabili.
In uno scenario di elevata tensione geopolitica, economico-finanziaria e costellato di rischi di natura esogena, le materie prime offrono innegabili vantaggi: non sono replicabili (potenzialmente) all’infinito, come azioni o titoli di stato, obbligazioni o il denaro stesso; non possono fallire; consentono di proteggere dalla svalutazione monetaria; esigono lunghi tempi e laboriosi processi di produzione per ottenerle, il che le rende per natura scarse; sono indispensabili alle necessità della vita umana.