ECONOMIA
I dazi americani scuotono i mercati: fuga di capitali e un nuovo ordine economico globale. Con quali conseguenze?
L’analista Mario Galli: “La strategia USA va oltre il protezionismo, e segna l’inizio di una rivoluzione sistemica: risanare il debito, riportare l’industria in patria e forzare la fine dell’attuale ordine economico e politico internazionale”
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“Make America Great Again”. USA ad una svolta storica: in quale contesto?

11 NOVEMBRE 2024
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Dal declino degli USA e del dollaro alla situazione critica della Cina. Con l’UE epicentro della crisi globale. Ecco cosa potrebbe succedere

19 SETTEMBRE 2024
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Verso un nuovo ordine economico e politico? Il futuro dell’Europa tra rischi e opportunità

23 GENNAIO 2025
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23 GENNAIO 2025

di Mario Galli *

Il nuovo governo americano inizia a scoprire le carte in materia economica e finanziaria, adottando una complessa e ampia politica protezionistica che, a nostro avviso, ha una serie di finalità a breve termine ed appare come il primo passo verso una rivoluzionaria visione del modello di sviluppo statunitense. Le notizie sulla applicazione dei nuovi dazi e le prime voci sulle possibili ritorsioni da parte dei Paesi colpiti da questa politica hanno avuto, come primo effetto, il concretizzarsi di aspettative di una prossima crisi economica mondiale.

La conseguenza immediata è stata un crollo dei mercati azionari e di quasi ogni altro bene e una caotica e violenta liquidazione di enormi masse di capitali investiti in impieghi di rischio, nel mondo, con modalità di panico. Singolare, in tutto ciò, il fatto che, al ricorrere di simili condizioni di aumento dell’avversione al rischio, non ci sia stato un forte rialzo del dollaro, come storicamente sempre avvenuto ma, al contrario, una sua caduta. La moneta statunitense si è deprezzata sensibilmente, grazie a forti correnti di rimpatrio di capitali fuori dagli USA.

Il rialzo dell’euro e dello yen parla chiaro. Il denaro non si è rifugiato nel dollaro. A questo punto, possiamo abbozzare un primo quadro d’insieme di quali potrebbero essere obiettivi e strategie della nuova amministrazione USA, condensandone la varietà e complessità nel sintetico elenco che segue:

- In primo luogo, la caduta dei mercati azionari, deve essere stata considerata dall’amministrazione USA un male minore, necessario e funzionale ad un prossimo periodo di risanamento del debito pubblico, ma anche un fatto da considerarsi positivo, in quanto espressione della debolezza di una economia, come quella americana, ormai da decenni completamente concentrata sul settore finanziario; in altre parole, l’amministrazione Trump, innescando una crisi finanziaria globale, tenterà di risanare lo smisurato debito pubblico e mostrerà, al tempo stesso, quanto una economia gigantesca, concentrata soprattutto sulla finanza sia, in realtà un gigante dai piedi d’argilla.

Queste operazioni, inoltre, devono essere fatte subito, sia per la gravità all’estremo della situazione debitoria, che per mostrare all’opinione pubblica la reale consistenza e fragilità dell’economia creata dalle precedenti amministrazioni. Si tenga presente che, nel 2025, ci sono in scadenza circa 9.200 miliardi di $ di titoli del debito USA (il 70% entro il prossimo giugno) e che, vista l’instabilità dei mercati e la debolezza del dollaro, molti capitali d’investimento andranno a rifugiarsi lì, inevitabilmente, consentendo anche il rifinanziamento a tassi più bassi, dato che, guarda caso, i rendimenti dei titoli di stato USA sono già in calo, e un dollaro debole potrebbe essere altra ragione di attrazione.

- In secondo luogo, le decisioni dell’amministrazione Trump sembrerebbero orientate a attirare investimenti imprenditoriali sia interni che da altre nazioni e a favorire il ritorno in patria delle multinazionali che ancora producono, quasi esclusivamente, all’estero. In tal senso, ad esempio, i dazi al 46% verso il Vietnam, Paese dove producono, tra le altre, Apple e Nike e dove una moltitudine di grandi imprese internazionali si è rifugiata, negli ultimi anni, spesso abbandonando la Cina, a causa del deterioramento dei rapporti geopolitici internazionali o per aggirare l’imposizione di dazi e sanzioni.

- Da un altro punto di vista, l’imposizione dei dazi è funzionale ad una complessa operazione di ridefinizione dei rapporti economici e politici internazionali, verso un processo di deglobalizzazione. Gli Usa intendono trattare e collaborare con la maggior parte degli altri Paesi, sulla base di un (ipotetico?) vantaggio reciproco, puntando sulla collaborazione tra nazioni indipendenti, ciascuna con le proprie specialità e peculiarità. In altre parole, è la fine del mondo basato sulle attività puramente finanziarie, con i Paesi meno sviluppati che si occupano della produzione e le maggiori potenze che vivono di rendita finanziaria. Si tenga presente che, ad esempio, nel settore farmaceutico, le industrie americane devono rifornirsi di semilavorati dalla Cina, per la gran parte della loro produzione; il settore militare non fa eccezione, essendo costretto ad attingere a chip prodotti fuori dal territorio nazionale, e altri esempi simili non sono difficili da individuare.

In una prospettiva più “politica”, le iniziative del governo americano puntano anche, secondo la nostra opinione, a scardinare, per mezzo di una crisi economica, alcuni equilibri europei pre-esistenti, legati alle vecchie oligarchie americane e, in particolare, a forzare e accelerare la dissoluzione delle istituzioni europee, viste come espressione di centri di potere rivali, in modo da riformulare i rapporti diretti con le singole nazioni dell’area, su basi completamente nuove. Le popolazioni europee, colpite da una disastrosa crisi economica, accelereranno il disfacimento dell’Unione e dell’euro o, al minimo, pretenderanno, finalmente, adeguate risposte dalla politica, al fine di uscire dallo stato di completo abbattimento in cui si trovano.

 
* Analista e consulente indipendente sui mercati delle materie prime

Brani tratti dal Report del 07.04.2025

 

 

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