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#quellavoltache, dall'amico di famiglia che si infila nel letto a chi denuncia ma poi si sente dire "com'eri vestita". Il dolore delle donne sul web
La scrittrice italiana Giulia Blasi ha lanciato un hastag per far parlare le donne delle piccole e grandi violenze subite, in altre parti del mondo ci sono iniziative analoghe. "Mi ha molestata un docente e non dormo più". "È successo a 11 anni ed era un parente..."
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Un Weinstein in Ticino? "Un ex modello riciclato alla fotografia non si accontenta della foto, anche con minorenni. Ma nessuno ha il coraggio di denunciare, anche con le prove"

15 OTTOBRE 2017
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Un Weinstein in Ticino? "Un ex modello riciclato alla fotografia non si accontenta della foto, anche con minorenni. Ma nessuno ha il coraggio di denunciare, anche con le prove"

15 OTTOBRE 2017
BELLINZONA – Il mondo parla delle violenze sulle donne. Non per forza lo stupro, ma un’occhiata di traverso che fa paura, il commento per una gonna corta o il rossetto, i ricordi di quando si era piccoli, le denunce.

La scrittrice italiana Giulia Blasi ha lanciato un hastag, quellavoltache… Facebook, Twitter, e le testimonianze sono arrivate. A tonnellate, tante che un uomo scrive di vergognarsi di essere uomo. Con l’intento di scrivere un pezzo, abbiamo cominciato a leggerle. Una a una, molte simili, tutte diverse: l’uomo che si masturba sul bus, quello che ci prova, quello che fischia in strada, quello che per dare un lavoro vuole qualcosa d’altro.

Un panorama desolante, di episodi quotidiani, a cui magari qualcuno nemmeno, purtroppo, fa più caso. Alcuni casi fanno più impressione di altri, ma ognuno è doloroso.

C’è chi è stata molestata dal docente e non dorme più, chi da quando un uomo l’ha seguita in edicola si guarda sempre alle spalle, chi ha denunciato e si è sentita dire “ma lei come era vestita?”, chi ha avuto come risposta “è proprio sicura di denunciare?”, chi è stata fermata dalla propria madre, che le ha dato della p-----a.

Insomma, un oceano. E quelle che “ho subito a 11 anni e non ho detto niente perché lui era mio parente e adesso che ne ho 28 non ho il coraggio di parlarne”, oppure “non riesco ancora a parlarne bene”, “non penso di ricevere supporto”.

Potremmo andare avanti giorni interni. Ne abbiamo scelte alcune un paio, che vi proponiamo in forma completa in due pezzi che andremo a pubblicare nelle prossime ore. In comune, lo leggerete, il senso di vergogna, la paura, il non sentirsi adeguati.

Leggetele, c'è poco da aggiungere. 

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