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30.10.2023 - 15:130
Aggiornamento: 17:56

Maxi B: "Vivere al top è comfort o avere la mente aperta? E su Meneguzzi e XFactor penso..."

Il rapper e conduttore radiofonico lancia oggi la sua nuova canzone, "Vivere al top", con Renato Torre, nata da una riflessione. "C'è chi vuole divertirsi e chi si sente soffocare in mezzo alla gente. La lezione del Covid per molti è durata poco"

BELLINZONA – Persone che escono a divertirsi e animano le serate di cui è protagonista, con un’agenda sempre piena. Ma al contempo, anche altre che evitano la folla, che si chiudono in sé stesse. Come sta oggi il mondo, in un periodo dove spesso si conosce il prezzo di tutto ma il valore di niente? Se lo chiede Maxi B nel testo della sua ultima canzone, disponibile su tutte le piattaforme, da Spotify a iTunes, in collaborazione con Renato Torre.

Non vuole dare risposte, bensì fotografare ciò che vede, portare spunti di riflessioni, colpire, come sempre da quando scrive. Lo abbiamo intervistato, chiedendogli anche cosa pensa del caso dell’estate nel mondo musicale ticinese, ovvero le critiche di Meneguzzi a XFactor e il brano del suo gruppo, le Ragazze Punk.

Maxi, parlaci di “Vivere al top”, il tuo nuovo singolo in collaborazione con Renato Torre…

“Con Renato ho già realizzato diversi lavori, a partire da una sigla per un mio programma, che lui ha sistemato e cantato in tre giorni (mi riferisco a “Buongiorno”, una delle mie canzoni più ascoltate) sino a “Volerò”, il rifacimento in italiano di una hit anni ’90 da suonare e far cantare nella nostra lingua alle serate. Ora volevamo però produrre testi inediti pensati e realizzati da noi, ed ecco Vivere al top. E sono certo che faremo altro! Nello specifico, questa canzone è nata attorno a una frase, su cui riflettevo da un po’: “Si conosce il prezzo di tutto ma il valore di niente”. Con Internet, la velocità delle informazioni sappiamo il prezzo di tutto, ma quel numero è il vero valore di quel che prendiamo? Tutti vogliamo vivere al top, bene, al massimo, però il top si trova nella compagnia delle persone o in una grande villa? Lungi da me fare la paternale o frasi fatte, sia chiaro, o portare visioni da boomer, come direbbero i ragazzini. La mia è una fotografia di ciò che vedo e vuole lanciare, come sempre, delle suggestioni partendo da ciò che vedo. Molte persone preferiscono stare a casa, davanti a uno schermo, al sicuro, e non hanno voglia di prendere contatto, vedersi, dirsi le cose in faccia. Ciascuno, è ovvio, cerca di vivere al suo top, chi puntando sulla famiglia, chi sulla carriera, chi viaggiando. La domanda è: vivi al top nella tua zona comfort o hai voglia di aprirti, di conoscere, hai la mente aperta?”.

Verrebbe da commentare, ascoltandoti, che la pandemia pareva averci insegnato il profondo bisogno che si ha di vedersi, di incontrarsi, andando oltre il materialismo. La lezione non è passata, secondo te?

“Per molti è durata poco, per altri, e le mie serate ne sono la testimonianza. La gente cerca contatto e divertimento. Però mi sono chiesto: dove sono gli altri? Mi viene raccontato di parenti, amici, conoscenti, che non escono più, che non stanno bene in mezzo alle persone, che si sentono soffocare. E dunque mi domando se il loro top è vivere in quel modo. Per contro, c’è chi ha voglia di ballare, di interagire. Per qualcuno, probabilmente il prezzo della pandemia è credere di dover  rimanere solo con chi conosce, appartato, senza pensare che il vero insegnamento che potevamo trarne era di uscire, conoscere, non avere paura della diversità”.

Vedi gente alle serate, quanto sono autentici i loro rapporti? Nella canzone dici che la vera ricchezza sono le mani che ti aiutano in caso di bisogno, il che implica una connessione che va oltre il semplice divertimento, concordi?

“Ne sono convinto. Dalle serate non posso dire come sono i rapporti, posso testimoniare solo della voglia di divertirsi. Ora racconto un episodio vissuto durante un evento al Generoso, dove due ragazze hanno invitato a passare del tempo con loro un giovane francese che era venuto da solo, senza nemmeno conoscere la lingua. Ed è stato un gesto nato senza un secondo fine, si sono tutti divertiti e penso sia questo l’ambiente che voglio. È stata la scintilla che mi ha detto che c’è voglia di stare assieme in modo genuino, senza implicazioni, solo per divertirsi. Sul seguito, non so. Penso che l’autenticità ci sia ma che la gente sia più diffidente, fatica a farla uscire, per le delusioni, il post pandemia, il periodo difficile con le guerre e i problemi quotidiani. Io sono una persona super positiva, però quanto accade ci mette a dura prova. Non è comunque la scusa per non dare valore ai piccoli gesti, che se valorizzati e uniti danno vita a quelli grandi. Ripeto, non voglio fare la morale a nessuno, bensì far riflettere, stimolare reazioni, che siano di accordo o di disaccordo con quanto dico. E se la canzone poi fa ballare, tanto meglio, ma voglio trasmetta anche qualcosa”.

Renato Torre è uscito da XFactor. Cosa pensi delle polemiche di Paolo Meneguzzi sul programma?

“Non voglio entrare nella polemica. Credo sia partita da un’esigenza reale da parte sua e poi si sia trasformata in altro. In un reality con i tagli televisivi possono farti dire ciò che vogliono, e questo lo condivido, perché sono realtà con meccanismi tutti loro. Al contempo va detto che tutto è iniziato mesi fa, perché l’esibizione a XFactor delle Ragazze Punk risale a giugno e le critiche sono state portate avanti ora, al momento dell’uscita del singolo. Direi che, pur non amando il reality, Paolo ci ha mandato il suo gruppo, non ha ottenuto ciò che voleva e ha creato la promozione. Magari non è nemmeno un male, è un modo per pubblicizzarsi. Per come fatto io, sono certo che se non c’è qualità alla base si può fare qualsiasi attività promozionale sui social e non funziona, vedremo col tempo se nel loro caso è presente o no”.

Sempre Meneguzzi ha attaccato pesantemente i rapper per i presunti messaggi diseducativi, portando poi a XFactor un testo controverso come “Stella di Holliwood”. Da rapper cosa replichi?

“Non sono d’accordo. Malgrado non mi ritenga solo un rapper, visto che faccio mille altre attività, da uomo che scrive testi rap perché è il suo modus operandi per esprimersi, non penso di aver mai lanciato messaggi superficiali o diseducativi. Ho promosso il rap adulto, perché chi è aperto di mente e non ha preconcetti può ascoltarmi e riconoscere un certo grado di cantautorato. Non nego di avere testi più leggeri, non scordiamoci però che lo stesso De Gregori non scriveva solo brani impegnati. Una persona può essere tutto, leggerezza e riflessione. Per quanto concerne la canzone delle Ragazze Punk, non lo conosco a fondo per esorimermi e non apprezzo, soprattutto in italiano, le boy band. Non ne vedo il potenziale, potrebbe sicuramente essere che Paolo abbia visto più lungo di me e ne sarei felice, perché vorrebbe dire che dal Ticino è arrivato un nuovo gruppo. Quello che mi auguro è che, se ci sarà, la loro non sarà una carriera incentrata sulla polemica bensì sul talento. Dobbiamo lasciare a queste ragazze tempo, non si nasce imparati come si suol dire, e loro hanno sicuramente voglia di mettersi in gioco”.

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