Politica
23.01.2017 - 13:400
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43
Abbigliamento, risparmi, Centro di dialettologia, libertà di stampa: ecco Pamini. «Oggi smascheriamo tutti»
In votazione degli emendamenti suoi e di Morisoli. «Se hanno intenzione di mantenere le promesse, non ci sono problemi a votare sì. E boccerò il Preventivo vestito bene!».
BELLINZONA - Il "tight" da indossare in Gran Consiglio, come ironica risposta alle parole di Farinelli sull'abbigliamento, gli emendamenti proposti con il compagno di partito Morisoli, le idee per risparmiare sul Centro di dialettologia. Paolo Pamini, in questi giorni, è protagonista su vari fronti, e in una chiacchierata prima della seduta del legislativo, li abbiamo toccati tutti.
Gli emendamenti che proponete, dove si chiede di bloccare i salari dei Consiglieri di Stato e i gettoni dei membri della Gestione se essi non presenteranno le misure per i 20 milioni di risparmio, sono abbastanza pesanti, non trova?«Nessuno perde nulla, se vengono mantenute le promesse. Se invece si attende sino a giugno, i gettoni e gli stipendi vengono solamente trattenuti. Siamo curiosi di scoprire chi sosterrà questi emendamenti, in fondo chiediamo solo che le promesse e gli appelli vengano mantenuti: se la volontà di trovare altri 20 milioni di risparmi è chiara come sembrerebbe da quanto detto negli scorsi giorni, il plenum dovrebbe sostenere la nostra proposta, altrimenti qualcuno non la racconta giusta. Se l'intenzione, in fondo, è di risparmiare 20 milioni, ciò che noi affermiamo è che sino a giugno si ha tempo per farlo in maniera chirurgica e selettiva, se invece non ci si mette d'accordo, si passa ai tagli lineari di 4 milioni per ogni dipartimento».
In caso venisse approvato, vuol dire che si intende mantenere la parola data?«Esatto. È da 20 anni che si fanno promesse, e la Roadmap è lì a insegnarlo. Siamo su tempi limiti».
E se votassero no, dedurreste che sono solo promesse al vento?«Che è un appello, ma che nemmeno chi lo lancia ci crede più di tanto».
Ha la sensazione che il Gran Consiglio approverà le vostre proposte?«Sinceramente non lo so. Questa è una proposta contrattuale che permette di capire come la gente la pensa sul serio, e non saprei scommettere soldi sull'esito del voto. Può essere verosimile il si come il no, siamo curiosi. Un voto analisi? Sì, qui non ci si nasconde più».
Una volta smascherati i colleghi, come dice lei, cambierà qualcosa nelle alleanze e nella politica di Area Liberale, in base al risultato?«Abbiamo il nostro programma, comunicato già in tempi di elezioni in modo chiaro. Come Area Liberale, ma siamo allineati anche con l'UDC, vogliamo essere il partito che difende i contribuenti, per cui continueremo in ogni caso a muoverci su questa linea, puntando a dire stop all'aumento delle tasse e delle imposte, e a cercare quanto meno di fermare la spesa del Cantone, se non si riesce a ridurla. Già evitare di continuare a spendere sempre di più sarebbe un buon risultato. Abbiamo dei buon rapporti personali con rappresentanti di ogni schieramento, sinistra compresa, anche se è difficile a volte trovare degli accordi. Indipendentemente dal voto, continueremo a lavorare nella stessa direzione, e anche a livello di rapporti non cambierà nulla».
Con le vostre proposte di emendamento, chiamate in causa direttamente i Consiglieri di Stato, e questo non è usuale...«Non lo facciamo noi, bensì la Gestione, che ha chiesto ai cinque Ministri di formulare proposte di risparmio aggiuntivo. Noi chiediamo solo che sia una richiesta verosimile, mettendo gli incentivi giusti affinché quanto chiesto avvenga, e che non sia solo una boutade per far discutere i media. Diamo sei mesi di tempo per decidere dove risparmiare, altrimenti i risparmi avverranno linearmente sui dipartimenti, dato che non possiamo giocare a fare i ministri. Se passasse l'emendamento, oggi verrebbe presa formalmente la decisione che entro giugno saltano 20 milioni, lasciando la discrezionalità solo su dove tagliarli. Se non proponessero nulla, ogni dipartimento perderebbe 4 milioni».
Gli emendamenti, le prese di posizioni sul Centro di dialettologia, il tight per la libertà di stampa: siete così attivi ultimamente perché le circostanze lo richiedono o c'è dietro un disegno?«Stiamo presentando da mesi vari temi molto forti, essenzialmente su due linee direttrici. La prima è il futuro dell'istruzione, con "La scuola che vogliamo", l'unico controprogetto depositato in Commissione in opposizione a "La scuola che verrà" di Bertoli. L'altro ambito è quello finanziario e fiscale, in cui nel passato abbiamo portato avanti la deducibilità fiscale delle donazioni a enti caritatevoli e delle rette scolastiche. Le misure di questi giorni invece sono reattive. Oggi mi vestirò in quel modo non perché mi è venuta voglia di fare il pagliaccio ma perché ci sono state determinate esternazioni che mi fanno riflettere. Dunque boccerò il Preventivo vestito bene!».
Oltre che alle parole di Farinelli, è una risposta alle polemiche suscitate dalle mutande appese da chi è contro i tagli fuori dal Governo, vero?«La trovo una campagna comunicativa molto ben riuscita. Oggi siamo in un mondo dove la comunicazione è visiva. Si tratta di supposizioni diametralmente opposte sui contenuti rispetto alle nostre, inutile dirlo, ma mi lascia perplesso il fatto che qualcuno si scandalizzi. Come ritengo che le decisioni prese in aula non cambino se si porta una cravatta o un pullover. Non è che ora, se si aumentano le imposte o si sfonda il budget del Cantone vestiti bene, la decisione diventa più nobile. Il mio gesto di mettere la cravatta rossa è solidale verso la sinistra, che si veste in modo più disinvolto ma ha tutto il diritto di farlo».
Lei si è chinato anche sul Centro di dialettologia. Come agirebbe?«Sono co-firmatario dell'interrogazione di Galeazzi. Non mi interessa molto se viene assunto un torinese, bensì se sia opportuno spendere più di 3 milioni annui. Si potrebbe pensare di chiudere tutto, mentre se fosse un'attività accademica si potrebbe spostare il centro all'interno dell'USI. Io per prima cosa taglierei il budget di un milione all'anno, anche rischiando di rallentare la pubblicazione del dizionario dei dialetti, che comunque è un'opera talmente ciclopica che sta durando decenni, dunque non credo che soffriremmo se ci volesse qualche anno in più».
Sulla libertà di stampa ci sono due polemiche: Caffè contro Giustizia, Mattinonline contro Bertoli. È davvero minacciata in Ticino?«In merito al Caffè, mi ritengo vicino e sensibile a quello che hanno scritto. La libertà di stampa esiste, e lo dimostra il fatto che sono accusati per ciò che hanno scritto: se essa non ci fosse, non avrebbero nemmeno potuto redarre quegli articoli. Ma libertà non significa che si può scrivere qualunque cosa, il Mattino stesso è stato accusato nel passato, a volte condannato per diffamazione e insulto, e ciò fa parte delle regole del gioco. Mi stupirei se la Giustizia non fosse più coinvolta o nessuno dicesse più nulla, vorrebbe dire che il sistema sarebbe bloccato, in un senso o nell'altro. Un sistema che funziona bene prevede anche queste polemiche, e i limiti non si possono superare, sennò entra in funzione la Giustizia, come è giusto in uno stato di diritto».