POLITICA
"Accordo quadro, meglio aspettare. E le misure di accompagnamento non vanno toccate"
Vitta lancia un messaggio al suo Consigliere Federale Cassis e parla anche del salario minimo. "Può sembrare poco ma è tre volte quello di un lombardo"

BELLINZONA – Ignazio Cassis si trova in mezzo a molte critiche per la sua politica estera, in particolare per la volontà di ridurre le misure di accompagnamento: ora un monito giunge anche da un esponente importante del suo stesso partito in Ticino, Christian Vitta. Meglio attendere per firma l’accordo quadro, e le misure di accompagnamento servono.


Il Consigliere di Stato è stato intervistato dal SonntagsBlick. "Sarebbe meglio aspettare piuttosto che accelerare i tempi e fare un pessimo affare", ha detto in merito all’accordo quadro. 

E guai a toccare le misure di accompagnamento: è contrario a qualsiasi tipo di compromesso. “Per il Ticino è importante che le misure a protezione del mercato del lavoro non siano attenuate o abrogate”.


La Svizzera non ha un mercato del lavoro omogeneo, spiega, e un eventuale accordo quadro potrebbe essere affossato alle urne, in particolare in Ticino. D’altronde, fa notare ancora una volta, il mercato del lavoro non è omogeneo in Svizzera e il Ticino ha le sue specificità: prima di tutto, i lavoratori frontalieri che sono un terzo e che ora non si limitano più a svolgere determinati tipi di professione. Inoltre, qualsiasi tema riguardi le relazioni con l’Italia, trovano il Ticino in prima fila.


In merito, Vitta tocca anche il tema dell’introduzione del salario minimo. “È stata proposta una forchetta fra i 3'372 e i 3'462 franchi mensili. Un minimo che può sembrare a prima vista basso, ma che può essere di molto superiore, ben oltre tre volte, di quanto guadagnato da un frontaliere per un lavoro analogo in Italia.L’introduzione di un salario minimo dipende dalla volontà a livello cantonale, come è accaduto in Ticino”, dove l’iniziativa dei Verdi aveva vinto alle urne.


Infine, l’apertura di Cassis su un allentamento della regola degli 8 giorni che impone un annuncio preventivo ai prestatori di servizi europei che vengono a lavorare in Svizzera. “Delle alternative sono possibili a condizione che permettano di raggiungere gli stessi obiettivi nei controlli, ma spetta alla Confederazione dato che non è compito dei Cantoni.

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