BELLINZONA – Se i vertici dei due partiti non sembrano avere dubbi di sorta sulla congiunzione fra PLR e PPD, soprattutto in casa liberale qualcuno manifesta dubbi. È il caso per esempio di Fabio Abate, o a livello “cantonale”, di Matteo Quadranti.
L’ex candidato al Gran Consiglio e avvocato Marco Züblin sul Corriere del Ticino ha lanciato un’analisi parecchio dura. “Vedo gente troppo preoccupata per il proprio futuro immediato (una cadrega, una carica, un mandato, una consulenza), aspiranti professionisti di una politica ipocritamente definita «di milizia», o autocelebrati strateghi in un gioco sempre più autoreferenziale; e tutti insieme in un affannarsi isterico e interpartitico, sorrisi di plastica e calici in mano, nel cono di luce di questa politica piccina-picciò fatta di slogan senza contenuto, di brutte foto sui social e di orribili «patti di paese». Per questa gente conta solo vincere alle urne, poco importa la bandiera sotto la quale lo si fa, o se vi è una bandiera. Non so quanto valga una vittoria di questo genere”, è la sua opinione.
PLR e PPD a suo avviso hanno lanciato un assist al Mattino: “il giornalaio della domenica ci è andato prevedibilmente a nozze, al solito facendo il bue che dà del cornuto all’asino”.
Secondo lui importante ma troppo trascurato dai vertici liberali è il tema religioso. Se il PLR è laico, per contro il PPD è di matrice cattolica. Ma congiungersi è come evitare di pensare alla propria identità. “La mia sensazione è che gran parte della classe politica liberale attuale non percepisca la centralità di una riflessione politica e ideale più profonda, che possa produrre un progetto in grado di raccogliere il consenso; e parlo del consenso che conta di più, cioè quello dei votanti liberali e di coloro che – proprio per l’assenza di progetti e per la pochezza delle proposte – si sono allontanati dalle urne. Questi furbeschi embrassons-nous (non so poi quanto si riveleranno veramente astuti, alla fine dei giochi) servono proprio a evitare di confrontarsi con i propri limiti, e a creare quell’incomprensibile melassa cui l’arte nobile della politica si è ridotta a causa della pochezza di coloro che sono deputati a farla”.
La soluzione? Riflettere, e rendersi disponibili a perdere semmai qualche seggio.