STABIO - Natalia Ferrara non ci sta e attacca il Consiglio Federale, scontenta sia delle decisioni che del modo di comunicarle. "Per mesi ho cercato di capire, provando a trovare una coerenza apparentemente assente nelle misure e giustificando anche comunicazioni fumose e decisioni bislacche", esordisce. Ma, evidentemente, questa coerenza non l'ha trovata e teme anche un'escalation di proteste.
"Credo nelle istituzioni, nello Stato di diritto, nel bene comune. Solo che - quasi 1 anno dopo - l’improvvisazione, l’incoerenza e l’inconsistenza non possono più essere scusati. Sennò la buona fede diventa idiozia. E noi non siamo mica scemi, giusto?", comincia il suo attacco.
"Come spesso accade nelle crisi si individua un capro espiatorio e si distoglie l’attenzione dal cuore del problema. L’usuale serietà svizzera nella gestione di questa pandemia si scontra con la dura realtà. Un fallimento totale. Tanti, troppi, morti per il virus e un cappio al collo di molti altri per le misure che (in teoria) dovrebbero proteggerci. Il Consiglio federale stabilendo apoditticamente chi può vivere (lavorare, muoversi ecc.) e chi invece è sacrificabile, esasperando intere categorie, ci ricorda che a tirare troppo la corda, questa si spezza. Una volta - riferendomi alle migliaia di licenziati della piazza finanziaria - ho detto che, prima o poi, se andiamo avanti così, avremo i gilets jaunes anche in Svizzera", prosegue, riferendosi ovviamente ai ristoratori. "La delusione, la rabbia e la legittima esasperazione portano anche i più coscienziosi a dare i numeri. E a quel punto non potremo più limitarci ad additare chi avrà reazioni sconsiderate, dovremo necessariamente chiederci: come siamo arrivati a questo punto? Quali sono le cause? Come rimediare?".
"Non mi resta che sperare nel nostro Consiglio di Stato ticinese. Auspicio o utopia? Vediamo, tra un servizio sulle piste da sci e l’altro, tra i consigli per riciclare i resti delle feste e quelli per rimettersi in forma", termina, senza lesinare un po' di ironia.