di Fiorenzo Dadò*
“Senza fretta, ma senza tregua”. La frase di Lev Tolstoj esprime in tutta la sua semplicità lo spirito di perseveranza che ci ha animato in questi anni, durante questa tribolata battaglia alla ricerca della verità.
Oggi, dopo essere stati persino denigrati e minacciati di querela (sigh!), sembra (finalmente) giunto il momento in cui (quasi) tutti hanno aperto gli occhi e chiedono chiarezza. Il caso dell’ex funzionario, l’Innominabile B., ai tempi dei fatti personaggio politicamente influente e co-animatore della rivista satirica Il Diavolo, ha coinvolto tante persone. L’Innominabile B. è stato condannato dai giudici per i gravi reati di coazione sessuale e stupro, pertanto, dal profilo penale, il caso è chiuso. Tuttavia, per poter porre fine a questa vicenda che ha creato molta sofferenza e disonorato le Istituzioni, come affermiamo da tre anni, occorre che venga fatta luce sulle responsabilità amministrative, valutando le disposizioni seguite da chi operava, identificando i correttivi necessari, affinché fatti di tale inaudita oscenità non abbiano più a succedere.
Un audit e una CPI
Se questa richiesta di chiarimento non è mai stata tolta dall’ordine del giorno dell’agenda politica, nonostante i reiterati tentativi di archiviazione, è solo grazie alla nostra richiesta di audit esterno del settembre 2020 e di una Commissione parlamentare d’inchiesta (CPI) bis; quest’ultima presentata all’indomani della condanna definitiva, con i colleghi Sabrina Aldi, Boris Bignasca e Tamara Merlo.
Dopo Falò, nessuno ha (più) il coraggio di sminuire
Oggi, il motivo per il quale nessuno ha più l’ardire di scrivere che “gli abusi sessuali di un singolo funzionario e le ipotizzate lacune dei suoi superiori nel dare seguito alle segnalazioni delle vittime non costituiscono in alcun modo un evento di portata istituzionale”, è dovuto allo straordinario coraggio delle ragazze vittime delle violenze e di alcuni collaboratori della Divisione dell’Azione Sociale e delle Famiglie (DASF). Queste ragazze, già molto provate nel loro intimo, consegnando la loro storia di sofferenza alla redazione di Falò, affinchè la facessero conoscere al pubblico, hanno dato una lezione magistrale a tanti: in primis a quei politici e giornalisti che, neppure dopo le sconvolgenti parole del giudice Villa, hanno capito la gravità della situazione.
Nessun pre-giudizio, ma chiarezza sì. Se tutto andrà come dichiarato da (quasi) tutti i partiti, presto il Parlamento dovrebbe dare via libera a un’inchiesta, che ha lo scopo non di inquisire ma di finalmente chiarire cosa accadde negli uffici dell’Amministrazione pubblica. La stessa avverrà tramite un audit affidato a professionisti, il cui potere inquirente sarà come quello di una CPI.
Il servizio di Falò ha svelato a tutti le vicende tristi e preoccupanti, chiamando in causa, con nome e cognome, funzionari in carica o in pensione, attivi nella Divisione dell’Azione Sociale e delle Famiglie (DASF) negli anni 2000, assieme al pregiudicato Innominabile B. Tra questi troviamo l’allora numero uno della divisione Martino Rossi, l’attuale direttore aggiunto Roberto
Sandrinelli, l’allora capo ufficio Ivan Pau-Lessi e l’attuale, Marco Galli.
*presidente PPD. Editoriale di Popolo e Libertà novembre-dicembre