di Marco Bazzi
BELLINZONA - Prima delle domande una premessa: perché a lui e non ad altri presidenti di partito o esponenti politici? Perché lui, Fiorenzo Dadò, è il presidente della forza politica – il Centro, nato dall’ex Partito popolare democratico – che ha incarnato nella propria storia il cosiddetto “referente cristiano”, un rapporto di particolare vicinanza e di dialogo costante con la Chiesa cattolica. E oggi che la Chiesa cattolica svizzera, e quella ticinese in particolare dopo la conferenza indetta dall’amministratore apostolico Alain De Raemy, hanno preso posizione sull’indagine che la Conferenza episcopale ha affidato all’Università di Zurigo per far luce sugli abusi sessuali commessi negli ultimi settant’anni in ambito ecclesiale, è logico chiedere un’opinione al presidente del Centro.
Ma i risultati dello studio dovrebbero indignare l’intera comunità, indipendentemente dalla fede personale e dall’appartenza politica di ogni singolo individuo. Chiedere un’opinione a Dadò ha anche un altro significato: da anni si batte contro la pedofilia e gli abusi in generale, ed è stato in prima linea nel voler fare chiarezza sul caso dell’ex funzionario del DSS condannato per violenza carnale, caso sfociato nell’audit affidato a periti neutrali di cui ancora si discute a livello politico.
Allora, Dadò, ci si aspettava di vedere almeno un suo post su Facebook sul rapporto di Zurigo e sulle parole di Alain De Raemy. Invece, nulla.
“Ieri mattina all’alba sono partito per Berna e sono tornato tardi, dopo una giornata impegnativa. Solo per questo motivo non mi sono ancora espresso pubblicamente su questo caso molto grave. Detto questo, quello che è emerso e che abbiamo potuto leggere nei giorni scorsi è tristissimo, tanto quanto lo è ogni caso di abuso, in particolare su minorenni, che viene alla luce. Annoto che i vescovi hanno per lo meno avuto l’accortezza di dare un mandato indipendente a dei ricercatori seri per fare un’analisi di quanto è accaduto negli ultimi decenni nelle diocesi svizzere. Cosa che non ha fatto quasi nessun altro, per esempio non lo Stato con il caso dell’ex funzionario del DSS: per avere un audit indipendente abbiamo dovuto insistere con alcuni colleghi in Parlamento per ben quattro anni e poi anche in seno alla Commissione della gestione della quale ero presidente”.
Monsignor De Raemy ha detto: “Non c’è cosa peggiore di un pastore che diventa lupo”...
“Verissimo. Gli abusi sono sempre gravissimi, ma lo sono ancora di più quando a commetterli sono persone sulle quali ricade la fiducia della comunità o dei minori, sacerdoti, docenti, educatori, medici o famigliari”.
Il rapporto dell’Università di Zurigo ha evidenziato che i circa mille abusi accertati dal 1950 ad oggi sono solo la punta dell’iceberg…
“Non mi stupisce. Gli abusi sessuali che vengono alla luce e finiscono in tribunale sono pochi rispetto a quelli che vengono commessi. E in questo la Chiesa non fa eccezione. Purtroppo è la triste realtà: ben vengano queste inchieste, purché servano alle vittime a fare chiarezza, a punire eventuali colpevoli e a introdurre delle severe misure di prevenzione. Ha detto bene monsignor De Raemy: questo documento non serve a voltare pagina ma ad aprirne una nuova”.
Fabiola Gnesa, giudice dei minorenni e presidente della Commissione di esperti in caso di abusi sessuali in ambito ecclesiale, ha invitato eventuali altre vittime a denunciare, precisando che la Commissione è un organismo indipendente, non legato alla Chiesa…
“Sappiamo benissimo che le vittime fanno fatica a denunciare abusi che magari sono accaduti molti anni fa. È comprensibile: per loro significa riaprire una ferita, con il rischio di non essere credute. In Ticino manca proprio una Commissione indipendente. Un servizio al quale le vittime possano rivolgersi senza alcun timore. E il rapporto sull’audit relativo al caso dell’ex funzionario del DSS che abbiamo commissionato raccomanda proprio la sua istituzione. La direzione è questa”.