di Marco Bazzi
Fiorenzo Dadò, che lezione si può trarre dagli ultimi clamorosi sviluppi che ci sono stati nel caso Tribunale penale?
La prima considerazione che posso fare è che quando i problemi non vengono affrontati subito, sul nascere, rischiano di degenerare, e i risultati sono questi. Oggi è noto che le frizioni e le tensioni all'interno del Tribunale erano già presenti da molto tempo e che non sono state affrontate con efficacia da chi era preposto a farlo. Eppure i rapporti annuali del Consiglio della magistratura non segnalavano anomalie, non c’erano ‘warnings’. In qualità di autorità di nomina, riceviamo ogni anno questi rapporti, che sono pubblici, e per quanto riguarda il Tribunale Penale, in effetti, non c'era assolutamente nulla di allarmante. E i problemi che poi sono emersi in tutta la loro gravità non ci sono stati segnalati neppure durante le audizioni che sono avvenute in questi anni. Di diverso tenore erano i rendiconti del Tribunale d’Appello, nei quali sono state espresse forti preoccupazioni e critiche nei confronti del Dipartimento delle istituzioni e in particolare della Divisione Giustizia. Mi riferisco alle non ben chiare interferenze che ci sarebbero state nei confronti del Tribunale segnalate in giugno dal giudice Damiano Bozzini. Una situazione che almeno in parte era già stata segnalata in precedenza dall'allora giudice Mauro Mini. Questi aspetti meriterebbero una verifica approfondita, perché potrebbero profilare un problema istituzionale e di separazione dei poteri tra Dipartimento e Tribunale.
Anche voi, come Commissione parlamentare giustizia siete stati accusati di violare la separazione dei poteri perché vi intromettete in vicende che non sono di vostra competenza.
Guardi, la separazione dei poteri è sacrosanta, il potere legislativo ed esecutivo non devono assolutamente interferire nell'attività giudicante dei magistrati. Diverso è il discorso sulla funzionalità amministrativa dei Tribunali e della magistratura in generale. E in questo senso noi esercitiamo quella che viene definita ‘alta vigilanza’. Le preoccupazioni emerse in questi mesi hanno dunque spinto l'Ufficio Presidenziale del Gran Consiglio a chiedere alla Commissione giustizia di esercitare il suo mandato di alta vigilanza così come la legge prevede. Ed è in questo contesto che, dopo che è venuto alla luce il caso di presunto mobbing all’interno del Tribunale abbiamo chiesto di poter vedere gli atti, compreso il rapporto stilato da Maria Galliani e commissionato dal Consiglio di Stato su indicazione della Sezione delle risorse umane. Per poter valutare e avere un quadro chiaro, capire se tutto funziona bene, non certo per intrometterci nelle questioni puntuali. Insomma, non per verificare se ci sono state o non ci sono state situazioni di abusi o mobbing, ma per capire, appunto, se tutto funziona come dovrebbe. Questo è il nostro dovere e personalmente non sarei al mio posto se chiudessi gli occhi di fronte a queste cose. Noi dobbiamo esercitare quello che il legislatore ci ha chiesto di fare. È il nostro compito.
Si è anche ventilata l'ipotesi di istituire una Commissione parlamentare d'inchiesta, che però non pare entusiasmare nessuno...
La legge prevede che il Gran Consiglio può istituire delle Commissioni parlamentari d'inchiesta, così come avviene anche a livello del Parlamento federale. Tuttavia, come abbiamo potuto constatare anche nel caso dell'ex funzionario del DSS condannato per reati sessuali, ci sono anche altri strumenti, in questo caso forse più efficaci, come gli audit affidati a specialisti che, essendo completamente indipendenti dalla politica, danno una maggiore garanzia di autorevolezza e di equidistanza. Attualmente siamo ancora in fase di discussione, ma l’audit è una delle possibilità. Domani, lunedì 16 dicembre, incontreremo il Consiglio della Magistratura e la Commissione amministrativa del Tribunale di Appello, porremo le nostre domande, sentiremo qual è la loro versione, dopodiché valuteremo.
A proposito di Commissione giustizia, il suo collega leghista Alessandro Mazzoleni ha messo in discussione il ruolo di presidente che lei ricopre a causa della sua gestione “battagliera” della Commissione stessa. Cito Mazzoleni intervistato dal Corriere del Ticino: “La presidenza della Commissione incaricata di trattare dossier sempre molto delicati, tra cui anche le nomine di nuovi magistrati, non dovrebbe essere conferita a presidenti di partito che, come tali, sarebbero confrontati con un possibile conflitto d’interessi. Sia chiaro però che la Lega, al momento, non avanza alcuna richiesta di dimissioni nei confronti di Dadò”.
Siamo nel ridicolo. Non c’è nessun conflitto di interesse, qualunque deputato può presiedere la commissione, persino avvocati come Mazzoleni che, diversamente da parecchi di noi, hanno rapporti stretti con la Magistratura e palesi interessi professionali. Mazzoleni, se proprio vuole occuparsi di inopportunità, si occupi piuttosto del ruolo del suo consigliere di Stato, responsabile della Polizia e della Giustizia, e contemporaneamente coordinatore del movimento che delle Istituzioni, Magistratura in primis, non esita a farne strame e sberleffo domenicale. Ultimo in ordine di tempo, la copertina del Mattino apparsa il 25 agosto, dove viene raffigurato il giudice Ermani che orina in testa ai suoi colleghi. Capisco anche l’impellente necessità di sviare l’attenzione, e capisco che al collega Mazzoleni così come a Gobbi, la barra ferma che ho tenuto in questi mesi di presidenza della Commissione parlamentare possa aver dato fastidio, anche perché la Commissione ha messo in luce le annose inadempienze del Dipartimento nei confronti della Magistratura, ambito istituzionale del quale Gobbi non si è praticamente occupato. Quello che sta capitando oggi è anche il risultato della scarsa attenzione nei confronti delle necessità della Giustizia, nonostante i molteplici appelli ricevuti da parte degli organi della Magistratura ma anche da avvocati. Appelli rimasti inascoltati. Detto questo, chiediamoci invece cosa ne pensano i cittadini: bisogna chiudere gli occhi di fronte a una situazione così grave come quella che vediamo oggi, oppure occorre cercare di intervenire e affrontare la situazione in maniera seria e trasparente?
La risposta è implicita nella sua domanda…
Certo, e faccio notare che non siamo stati noi parlamentari a trascurare i problemi che da anni covavano sotto la cenere all'interno di questi uffici. Questo purtroppo è il risultato di una situazione di degrado che è iniziata con degli screzi banali che non sono stati gestiti all’interno e alla fine si è arrivati addirittura a denunce penali e segnalazioni da parte di giudici contro altri giudici, sino alla destituzione di due magistrati. Non sarà mica colpa dei deputati o magari dei giornalisti se è successo quel che è successo.
Le dichiarazioni di Gobbi hanno suscitato diverse perplessità. Già settimane fa aveva anticipato alla televisione quello che poi si è verificato con la destituzione di due giudici e quando è accaduto ha detto di aver semplicemente unito i puntini, grazie alla sua esperienza di arbitro di hockey e ai suoi tanti anni di politica. Dadò, lei che ne pensa?
Non sapevamo di queste doti taumaturgiche e di veggenza da parte del consigliere di Stato. Se non fosse perché la situazione è seria e preoccupante, ci sarebbe da ridere. Quella dell'esperienza di arbitro sembra uno scherzo di carnevale, certe cose possiamo raccontarcele al bar o al Rabadan ma non in ambito istituzionale. In ogni caso non ho idea se e come abbia saputo in anticipo, o se davvero l’esperienza di arbitro fornisca queste doti, ma il fatto di essersi espresso anticipatamente nella sua funzione di consigliere di Stato, e di responsabile del Dipartimento che si occupa della giustizia, su quanto stava avvenendo ha - volontariamente o involontariamente - gettato il sospetto che dall'interno del Consiglio della Magistratura ci siano delle talpe e delle fughe di notizie. E questo evidentemente è un ulteriore tassello che getta discredito sull'autorevolezza di un organo che invece deve assolutamente poter funzionare nella maniera migliore possibile e completamente al riparo da qualsiasi tipo di interferenza o legami, che siano esponenti politici come lo siamo noi o persone che hanno altri interessi in quell’ambito.
Le conclusioni di questo caso – per quanto sappiamo ad oggi - potrebbero indurre chi aveva intenzione di segnalare un caso di mobbing o di denunciare potenziali reati a non farlo per evitare di finire nei guai. Il messaggio sembra essere: chi denuncia alla fine non ha ragione ma ha torto.
A torto o ragione secondo il sentire popolare purtroppo il messaggio che in questo momento sembra passare è anche questo, cioè che chi denuncia un sopruso subito da un suo superiore, alla fine sarà lui stesso a pagarne le conseguenze perché non doverosamente tutelato. Non possiamo ignorarlo, questa incertezza nella popolazione rischia di essere un danno collaterale non irrilevante, anzi forse potrebbe essere il danno più grave di tutta questa vicenda, poiché andrebbe a minare la fiducia di chi è già debole e proprio nelle Istituzioni vorrebbe trovare la forza per denunciare un torto subito. È un aspetto che deve essere chiarito subito molto bene.