*Di Samuele Vorpe
Il 13 febbraio il Popolo dovrà esprimersi sul mantenimento o meno della tassa di bollo di emissione. Ma di cosa si tratta precisamente? Chiariamo subito che si tratta di un’imposta e non di una tassa. Un’imposta, a differenza di una tassa, costituisce un versamento finanziario da parte di una persona (fisica o giuridica) allo Stato senza che vi sia una controprestazione diretta da parte di quest’ultimo. Le imposte vengono, infatti, prelevate su determinati elementi economici (come il reddito o patrimonio o ancora sui consumi) affinché lo Stato possa provvedere all’adempimento dei compiti che gli sono stati assegnati dalla Costituzione.
Per contro, le tasse, di regola, sono prelevate dallo Stato in cambio di una controprestazione. Si pensi alla tassa sul sacco, a quella amministrativa o alle tasse di concessione. In tal caso c’è sempre un rapporto di causalità tra prestazione e controprestazione. Fatta questa premessa, va evidenziato che l’imposta di bollo è esplicitamente prevista dalla nostra Costituzione federale. L’articolo 132 capoverso 1 stabilisce, infatti, che “La Confederazione può riscuotere una tassa di bollo sui titoli, sulle quietanze di premi d’assicurazione e su altri documenti delle operazioni commerciali”. Questa norma, che conferisce alla Confederazione il diritto di riscuotere questo tributo pubblico, esiste sin dal 1917.
Le imposte di bollo sono tre, come si evince dal testo costituzionale: una prelevata sull’aumento di capitale delle società di capitali (vale a dire le emissioni di titoli nel mercato primario), una sui premi assicurativi (vale a dire sulle polizze del terzo pilastro b) e un’altra sulla compravendita dei titoli (vale a dire sulla negoziazione di titoli nel mercato secondario). Complessivamente le entrate fiscali generate da queste tre imposte superano i due miliardi di franchi annui. Oggetto della votazione è però soltanto la prima, cioè quella che colpisce l’aumento di capitale delle società e che è dovuta da quest’ultima nella misura dell’1 per cento, ritenuta una franchigia di 1 milione di franchi.
Cosa significa questo? Ammettiamo che una società anonima venga costituita con un capitale proprio minimo di 100'000 franchi proveniente dal patrimonio dei suoi azionisti. In questo caso, per effetto della franchigia, non sarà dovuta alcuna imposta. Se poi gli azionisti decidessero qualche anno più tardi di aumentare il capitale proprio di 1 milione di franchi, l’imposta di bollo di emissione sarà dovuta su 100'000 franchi (cioè su 1,1 milione di capitale totale meno 1 milione di franchigia), importo al quale verrà applicata l’aliquota dell’1 per cento; l’imposta sarà dunque di 1'000 franchi. Avendo esaurito la franchigia, ulteriori aumenti di capitale saranno sempre colpiti da questa imposta. Per contro, in caso di risanamento aziendale, il legislatore ha introdotto una franchigia più elevata, pari a di 10 milioni di franchi. È evidente che tanto più la società sarà capitalizzata, quanto più elevata sarà la tassa di bollo da versare all’Amministrazione federale delle contribuzioni.
Il gettito fiscale complessivo derivante da questa imposta ammonta oggi a 250 milioni di franchi e viene pagato, secondo le fonti della Confederazione, da circa 2’300 imprese, che sono chiamate dai propri azionisti ad emettere nuovo capitale proprio. Nel confronto internazionale solo Spagna, Grecia e Liechtenstein conoscono un tributo analogo. Va però precisato che altri Stati conoscono altre forme d’imposizione, che invece la Svizzera non conosce. Al Popolo la decisione se continuare mantenere in vita questa imposta oppure se decretarne l’abolizione.
*Responsabile del Centro competenze tributarie della SUPSI