di Amalia Mirante *
Questa settimana la nostra sintesi dell'Economia con Amalia inizia ancora purtroppo con le notizie che dipendono dalla guerra in Ucraina. Sul blog (a questo link) trovate 6 brevi video che spiegano in termini molto semplici la genesi di questo conflitto, le particolarità delle economie coinvolte, le sanzioni introdotte e le conseguenze possibili. Nel frattempo la Borsa di Mosca ha riaperto dopo quasi un mese di chiusura. I risultati ottenuti sulla carta sono stati eccellenti: +4.37% alla riapertura con un picco dell'11.77%. Attenzione però a leggerli con estrema prudenza.
Delle 50 aziende che compongono l'indice Moex, solo 33 erano effettivamente sul mercato. E a dire il vero, non si tratta di un vero e proprio mercato azionario libero. In questi giorni l'andamento è stato agevolato artificialmente dal governo che ha messo in atto degli stratagemmi per evitare il peggio come era accaduto qualche settimana fa quando la borsa aveva perso un terzo del suo valore (il 33%). Tra gli strumenti messi in atto c'è il divieto delle vendite allo scoperto che sono uno strumento finanziario che consente di vendere dei titoli che ancora non si possiedono comperandoli in seguito. Di solito viene utilizzato se si pensa che il prezzo di questi titoli scenderà; una sorta di speculazione sul peggioramento del valore.
Date le pessime aspettative si capisce perché in questo caso è stato vietato (mi scusino gli esperti del campo se ho ridotto in termini semplici processi ben più complessi). Il secondo impedimento tocca gli stranieri che non possono vendere le loro azioni, per cui se il prezzo scende ci perdono anche loro. Infine si vocifera dell'esistenza di un fondo sovrano russo dell'equivalente di 10 miliardi di dollari (9.3 miliardi CHF) che può intervenire per comperare le azioni e mantenerne il prezzo elevato.
Nonostante ciò, venerdì alla chiusura l'indice Moex aveva perso il 3.7%, con anche i titoli delle aziende legate al gas al ribasso a causa delle dichiarazioni di riduzione di acquisto da parte dell'Unione Europea. Unione Europea che ha pensato e sta tuttora riflettendo su come ridurre la sua dipendenza dalla Russia. La prima mossa arriva dagli Stati Uniti che hanno deciso di aumentare le loro vendite di gas liquefatto (GNL) al vecchio continente: quest'anno ne arriveranno 15 miliardi di metri cubi, con l'obiettivo di arrivare a 50 miliardi nel 2030.
Il gas che ora si importa principalmente dalla Russia è in forma gassosa e viene diffuso attraverso i gasdotti. Prodotto un po' diverso da quello americano. In questo caso il gas naturale viene raffreddato e trasformato in uno stato liquido. Così viene trasportato da navi speciali nei Paesi acquirenti. Finora si trattava principalmente di regioni dove non ci sono gasdotti. Arrivato in forma liquida, il gas naturale deve essere trasformato nuovamente in gas attraverso impianti di rigassificazione che lo riscaldano (interessante curiosità gli impianti possono essere anche situati in mare). Da qui poi deve essere distribuito. Poco è stato detto sul prezzo di questo accordo. Documentandoci scopriamo che il prezzo del GNL al chilo è aumentato da gennaio 2021 a gennaio 2022 (quindi ancora prima della guerra) da 0.962 euro a 2.481 (quasi del 160%, molto di più della benzina).
Diciamo che anche per gli Stati Uniti diventa un affare spostare la dipendenza dell'Unione Europea dalla Russia a loro. Ma non tutti i Paesi si muovono in questa direzione. Il Belgio ha annunciato che i suoi reattori nucleari andranno avanti a produrre energia fino al 2035 (10 anni in più rispetto alla precedente data prevista di spegnimento). Anche se è vero che ha stanziato un fondo di 1.1 miliardi di euro (1.1 miliardi CHF) per investimenti necessari alla transizione ecologica, leggendo attentamente il documento accanto all'energia eolica e solare, troviamo 4 nuovi piccoli reattori nucleari modulari.
E sempre sull'energia e sulla possibilità di fare acquisti collettivi e di fissare tetti massimi ai prezzi, stanno discutendo animatamente i paesi dell'Unione Europea che non trovano per il momento un accordo che soddisfi tutti.
Proprio come l’ora legale. L'ora legale ha origini molto lontane. Pare che il suo “inventore” sia uno dei padri fondatori degli Stati Uniti: Benjamin Franklin. Molti di noi lo ricordano perché, tra le mille cose fatte, ha inventato il parafulmine. Ma è nel 1784 che Franklin scrive una lettera pungente indirizzata ai cittadini francesi che fa pubblicare sul Journal de Paris. In questo scritto l’autore dice di essersi svegliato alle 6 di mattina accecato dalla luce naturale. Guardando fuori dalla finestra tuttavia vede che la città dorme ancora. Preso dalla curiosità inizia a fare alcuni calcoli. Per la prima volta nella storia stima i benefici economici dell’ora legale e lo fa in maniera che oggi definiremmo scientifica. Calcola i chili di candele che non si consumerebbero dal 20 marzo al 20 settembre e li moltiplica per il prezzo della cera. Così invita i francesi a essere meno pigri e ad alzarsi prima al mattino, magari svegliati dal suono fragoroso delle campane che impedirebbe loro di rimanere nel letto.
Detto questo, in realtà l’introduzione dell'ora legale avviene solo dopo molti anni. In Europa circa nel 1916 (questo per risparmiare energia nei periodi di guerra). In Svizzera come sempre la storia è un po' più complicata. È stata introdotta nel 1941-42, ma solo per pochi anni; si ritenterà in votazione popolare nel 1978, ma l’esito sarà negativo.
È il Consiglio federale a introdurla nel 1981 per essere in linea con il mercato europeo. Oggi la sua sorte è incerta: a Bruxelles è pendente una risoluzione che chiede di abolirla. Saranno i paesi a dover dare il loro preavviso: sappiamo già che Spagna e Italia sarebbero favorevoli al mantenimento. Possiamo capire le ragioni e in effetti, per questo Paese, la società che gestisce la trasmissione elettrica nazionale Terna, stima che l’Italia risparmierà circa 190 milioni di euro in 7 mesi di ora legale, l’equivalente di 420 milioni di kilowattora (circa il fabbisogno di 150 mila famiglie). Ma i risultati non sono sempre così chiari: dipendono dal metodo di analisi, dalla raccolta dati e dai Paesi. Anche i settori economici rispondono diversamente: per esempio il commercio, il tempo libero e il turismo sembrerebbero guadagnarci, mentre nessun vantaggio arriverebbe all'agricoltura. Ma i vantaggi non sarebbero solo economici. C’è chi calcola che grazie alla luce in più, le rapine si ridurrebbero del 7%. E chi stima un’importante riduzione degli incidenti. Più controverso appare il dibattito sulla salute.
A noi, al di là degli studi scientifici, una cosa pare certa: il piacere di fare una bella grigliata con gli amici con il sole che tramonta. E ancora di aumento dei prezzi e di importanza del ruolo dello Stato nell'evitare che Saremo più poveri, abbiamo parlato nel nostro articolo settimanale. In esso cerchiamo di spiegare perché il problema dell'aumento del prezzo del petrolio e del gas non si riversa "solo" sul consumo diretto di questi prodotti, ma purtroppo tocca tutta la filiera produttiva, arrischiando di causare licenziamenti e ulteriori pressioni sul potere d'acquisto delle persone.
* economista