di Brenno Martignoni Polti
Immortale. Mito. Racchiuso in tre film. In diciotto mesi. Tra il 1955 e il 1956. Da protagonista. “La valle dell’Eden”. “Gioventù bruciata”. “Il gigante”. James Dean. Jimmy. Il "bello e dannato". Aveva mosso i primi passi con la pubblicità per la Pepsi-Cola. Poi un telefilm, con Ronald Reagan. Futuro Presidente degli Stati Uniti. Questi, a quanto pare, non ne apprezzava troppo la recitazione spontanea. Dean, invece, inserito dall’American Film Institute al diciottesimo posto tra le più grandi star della storia del cinema, brillava proprio per acume nell’improvvisazione. Fantasista di suo. Come in “La Valle dell'Eden". La scena, in cui il padre di Cal, alias Raymond Massey, dopo il fallimento economico della propria azienda rifiuta il dono di 5000 dollari da parte del figlio. Il copione prevedeva la fuga dell'attore dal papà. Dean, per contro, istintivamente, si voltò verso Massey e, piangendo, lo abbracciò. Il regista Elia Kazan apprezzò l’azione e la reazione sorpresa di Massey. Decise così di inserirla. Questa pellicola fu autentica rivelazione. Per il difficile personaggio di Cal Trask, James Dean fu preferito sia a Marlon Brando, sia a Montgomery Clift. Fu però “Gioventù bruciata”, Natalie Wood al fianco, a consacrarlo. Icona incontrastata dell’universo giovani. Per più generazioni. E a tutt’oggi. Di immutato fascino e attualità. Mai nessuno ne ha influenzato tanto, e così a lungo, i comportamenti, il modo di vestire, le mitologie metropolitane. Anzi, a distanza di anni, in ogni teenager, di qualsiasi epoca, alberga un James Dean ideale. Prototipo di quelle inquiete esuberanze. Turbolenze da crescita. Tipiche dell’età verde. Confronti scontri. Messe alla prova continue. Impazienza. Fretta di vivere. Sfide spericolate. “Sogna come se dovessi vivere per sempre. Vivi come se dovessi morire oggi.” Nato l’8 febbraio 1931 a Marion. Patria della 500 Miglia di Indianapolis. Probabilmente, non un caso, la smisurata passione per moto e auto da corsa. Alle quali offriva incondizionata dedizione. Prendendo parte anche a competizioni ufficiali. La sua infanzia fu segnata, a nove anni, dalla scomparsa della madre e dal difficile rapporto con il padre. Cresciuto così dagli zii. Si appassionò, sin da subito, al teatro e alle arti creative sotto ogni forma. In un substrato di personalità inquieta. Eccentrica, ambiziosa, carica di conflitti adolescenziali mai risolti. Era tardo pomeriggio. Al principiare di sera. Venerdì 30 settembre 1955. Statale 466 in direzione di Salinas, California. Per una gara a cui avrebbe preso parte l’indomani. Al volante della Porsche 550 Spider, battezzata col numero 130 e il nome “little bastard” (piccola bastarda). Violentissimo, lo schianto. Con altro veicolo. Forse, per una distrazione del conducente, aveva invaso la sua corsia. Impatto devastante. Per il guidatore, nulla da fare. Deceduto sul colpo. Il mezzo ridotto in pezzi. Alcune ore più tardi, tra lo sgomento generale, cominciò a diffondersi la notizia. James Byron Dean era morto. Aveva 24 anni. Ironia della sorte. Nel luglio 1955, aveva girato un video sulla sicurezza stradale. In chiosa, la sua ultima profetica battuta. “Siate prudenti nella guida. La vita che salvate potrebbe essere la mia”. Arcano colpo di scena. Misterioso. Da “deus ex machina”. Occulte mappe. Di fati già scritti.