di Fabio Käppeli*
Verso la fine dello scorso anno ha suscitato un certo interesse mediatico – e non poteva mancare anche un po’ di polemica – la creazione di una rete di cure integrate di medici ticinesi. Si tratta della prima rete di medici in Ticino che, sulla base di un particolare modello assicurativo, offre sconti maggiori agli assicurati, molti dei quali tra il 2019 e il 2020 hanno visto ridursi (!) il premio.
Ciò che alle nostre latitudini risulta essere una novità, è conosciuto da tempo nel resto della Svizzera. Nel 2018 erano assicurati ad un modello simile oltre il 30% dei bernesi e degli zurighesi, il 40% dei grigionesi e oltre il 41% dei cittadini di Neuchâtel. Dunque, anche in Romandia il modello ha riscosso ampio successo, mentre a livello svizzero 1/3 degli assicurati è ormai associato a modelli che propongono cure integrate.
I medici promotori dell’iniziativa in Ticino – quasi un centinaio – non si sono quindi spinti in territori inesplorati. La logica dei modelli di cure integrate, oltre ad aver dimostrato di essere in grado di ridurre i costi (ergo direttamente i premi), si basa su una maggior coordinazione delle cure dei pazienti, tra le altre cose grazie a processi unificati in grado di eliminare i doppioni e – studi accademici alla mano – aumentare la qualità e la sicurezza delle cure.
Contrariamente a quello che conosciamo oggi in Ticino come “modello del medico di famiglia”, il nuovo approccio non considera il medico solo una porta di entrata per cure, specialisti e analisi, bensì un vero e proprio regista dei trattamenti, con una presa a carico più vicina e dunque una miglior coordinazione tra i molteplici attori del sistema.
Questo ruolo è molto significativo in caso di pazienti con diverse patologie, i quali vengono statisticamente ospedalizzati meno se la presa a carico avviene nell’ambito di un modello di cure integrate. Non da ultimo, attraverso questo modello viene rafforzato il ruolo del medico di famiglia, attore centrale del nostro sistema sanitario.
L’iniziativa dei medici ticinesi è positiva, sia per i pazienti stessi che per il loro borsellino. Certo, non permetterà di risolvere i grossi problemi del sistema sanitario, di cui ci lamentiamo da anni e per cui facciamo troppo poco. Si tratta però di un passo nella giusta direzione, in grado di contenere la crescita delle spese e ridurre una parte dei doppioni di cui il sistema soffre.
L’Organizzazione mondiale della sanità considera che attualmente il 30% dei trattamenti erogati non sarebbero necessari, mentre in alcuni casi sono invece addirittura dannosi. In Svizzera ciò non è diverso. È questa parte di prestazioni in eccesso che dovrebbe attirare l’attenzione della politica, alla ricerca di soluzioni puntuali. Ormai sopra i 10’000 franchi pro capite all’anno, la spesa sanitaria non può tuttavia essere contenuta con una sola misura, come alcuni vorrebbero far credere attraverso ricette miracolose.
La soluzione non può che essere una combinazione di diversi strumenti, tali da porre gli incentivi affinché nessun attore del sistema venga indotto ad aumentare la sua fetta di benefici pagata… da tutta la collettività.
La rete di medici costituitasi anche in Ticino è una buona notizia sotto questo aspetto. Ma da sola non basta. Oggi vi sono ancora diversi attori che sono spinti a servirsi ad una tavola imbandita che viene finanziata attraverso i premi dell’assicurazione malattia obbligatoria. Occorre agire anche su altri fattori costosi. Come ad esempio i medicamenti, che oggi assorbono una parte rilevante dei costi della sanità, e quindi, dei nostri premi.
*granconsigliere PLR