di Fiorenzo Dadò*
La recente assemblea nazionale dei delegati del Partito ha deciso a larghissima maggioranza - 325 voti contro 57 - di cambiare il nome che, ricordiamo, nella denominazione tedesca e francese, conteneva il riferimento esplicito ai valori cristiani. L’obiettivo dichiarato da Gerhard Pfister è quello di dare una svolta al trend negativo dell’erosione di voti che dura da 40 anni e riguadagnare nuovi elettori. Secondo i delegati, il fatto di togliere la radice cristiana dal nome non dovrebbe spaventare, perché lo spirito e l’ideologia stanno nel Partito, e non nell’involucro.
Sebbene il problema del nome non ci tocchi direttamente (in Ticino la C di cristianesimo non è mai stata presente), da presidente che conosce le difficoltà e le resistenze verso ogni tentativo di profilare il Partito, appoggio l’intraprendenza del presidente nazionale che non vuole starsene con le mani in mano a osservare la barca in difficoltà, anche se nutro dei dubbi che questa strada darà i frutti sperati. Non c’è fretta, avremo 5 anni per decidere cosa fare, ma nella sostanza non ritengo che in Ticino si possano cancellare con un colpo di spugna i forti valori del popolarismo di don Luigi Sturzo impressi nel nostro nome.
Il Centro e la fusione con il PBD
Se qui da noi la denominazione Centro dice poco, a Berna il PPD e il PBD formano un gruppo parlamentare di Centro che funziona bene. Questo è stato uno tra gli argomenti principali ad aver parlato a favore sia del nuovo nome sia della fusione, entrambi con lo scopo di consolidare un centro politico forte che sappia fare da contraltare ai partiti di destra e di sinistra sempre in guerra tra di loro. È evidente come questa forte estremizzazione del dibattito non sia di buon auspicio per una soluzione pragmatica delle sfide che attendono la Svizzera; pensiamo ai costi della salute, alle difficoltà economiche e alla crisi ambientale. L’obiettivo di Pfister di unire per trovare soluzioni condivise è quindi positivo.
L’involucro e il contenuto
Se per alcuni lo spirito non sta nell’involucro, siamo in diversi a ritenere che nomina sunt consequentia rerum, ossia che il nome indica (anche) le qualità, le prerogative e le caratteristiche di chi lo porta. Quindi, nel nostro caso, il termine popolare che ci contraddistingue è un valore forte e chiaro, che ben si contrappone per positività al populismo disfattista, e che anche per questo andrà valorizzato e attualizzato, non certo abbandonato. Tuttavia il PPD non potrà limitarsi ad avviare una riflessione interna sul cambio del nome, come richiesto dal presidente nazionale, ma la stessa dovrà riguardare anche la qualità e l’attualità del contenuto.
Come ancora recentemente è emerso dalle opinioni fortemente divergenti sull’iniziativa per multinazionali responsabili, che tirava in causa principi etici non di poco conto, dovremo avere il coraggio di chinarci sull’argomento e riflettere assieme in modo costruttivo sul rapporto che esiste tra i nostri valori di riferimento e l’azione politica che vogliamo intraprendere.
*presidente PPD Ticino, editoriale di Popolo e Libertà di dicembre