Di Morena Ferrari Gamba *
“Il vino è come la poesia, che si gusta meglio, e si capisce davvero, soltanto quando si studia la vita, le altre opere, il carattere del poeta, quando si entra in confidenza con l’ambiente dove è nato, con la sua educazione, con il suo mondo”. Queste parole di Mario Soldati (tratto da Vino al Vino Primo Viaggio), racchiudono l’essenza di Cesare. Sì, perché lui era molto di più dell’essere il padre del Merlot. Era una persona colta, ricca di interessi, sempre rivolta con lo sguardo al futuro, al bello e al nuovo.
Assaggiando, ancora nella botte, il primo Rubro (1985), mi sono sentita così privilegiata e ho imparato che il vino poteva avere aromi di caffè, cioccolato e bacche. Da lui ho capito quanto fosse bello e prezioso un prodotto così raffinato uscito dalla terra. In quell’istante, in lui ho visto l’entusiasmo, la voglia di creare qualcosa di speciale, l’attaccamento al suo territorio, al suo Ticino: una terra con il profumo della vigna, un territorio da proteggere, sviluppare, far crescere e amare. Il vino come simbolo di gioia e condivisione connesso con la sua terra.
Questa visione del mondo vitivinicolo e la centenaria cantina di famiglia hanno reso Cesare un personaggio pubblico così come lo conosciamo: il suo essere sempre positivo, allegro, curioso e innovativo lo hanno portato ad interessarsi di molte cose tra cui, sin da giovanissimo, di politica.
Era un libero pensatore attivo nelle file del Partito Liberale Radicale a cui ha dato tanti anni della sua vita (da Chiasso a Bellinzona, in Gran Consiglio dal 1971 al 1995). Il periodo vissuto da Cesare è stato caratterizzato da grandi cambiamenti: il dopo guerra, gli anni della spensieratezza e del boom economico, le successive crisi degli anni Settanta, economiche ed energetiche, e poi la ripresa dalla metà degli anni ’80, l’introduzione delle tecnologie che imponevano un cambiamento al mondo del lavoro e al modo di lavorare. Un periodo anche prodigo di realizzazioni a livello ticinese, grazie anche al Partito Liberale Radicale capace di grande dialettica al suo interno, con una forza radicale e progressista, a cui lui apparteneva, e che ha gettato le basi del Ticino moderno. Lui era un rigoroso difensore di uno Stato laico, ben separato dalla Chiesa, fondato sui principi di libertà, uguaglianza, solidarietà e affermazione dei diritti.
Uno Stato garante ma non invadente, soprattutto sulle libertà individuali. Proprio questa parola, libertà, ha determinato il tratto caratteriale di Cesare. Personaggio più pubblico che privato, aveva occhi vivaci, intelletto fine e amante della bellezza della vita; caratteristiche che lo hanno portato a vivere intensamente ogni attimo, intessendo legami forti con il territorio e la sua gente e per questo molto amato, anche dalle giovani generazioni. Capace di leggere il presente, guardava con preoccupazione questo mondo disordinato, sperando che il Partito Liberale Radicale tornasse ad essere la guida del Paese.
La Riscossa e lo Stemma della Bandiera Svizzera (un dono del suo amico consigliere federale Ignazio Cassis) lo hanno fatto sussultare ancora nei suoi ultimi attimi di vita: testimonianza di un fuoco e un attaccamento agli alti valori ideali, di cui tanto avremmo bisogno nell’attuale panorama politico. Cesarino, così eri chiamato affettuosamente da tutti, grazie per quanto fatto e dato al tuo Paese, grazie per essere stato un amico e un mentore per molti.
* presidente del Consiglio comunale di Lugano, PLR