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Elezioni 2019
25.03.2019 - 09:000

"Oggi le donne non sono né aspirano ad essere l'accessorio di una famiglia". Merlo replica a Gobbi

Alla candidata di Più Donne non è piaciuto quel che ha detto il Ministro sui salari nella vendita. "Il suo ragionamento implica che l'accessorietà economica delle donne giustifichi salari troppo bassi: non siamo cittadine di Serie B"

di Tamara Merlo*

Le parole del Consigliere di Stato Norman Gobbi (chi lavora nel ramo della vendita è “spesso moglie o figlia di qualcuno, e lo stipendio integra”) sono sicuramente state pronunciate con le migliori intenzioni. Sfortunatamente di buone intenzioni è lastricato l'inferno.

L'idea per cui la lavoratrice nel settore della vendita è “figlia di” o “moglie di”, è molto lontana dalla realtà: una visione che, forse, rispecchia epoche lontane ma che sicuramente non è utile per interpretare il mondo moderno.

Sembra di ripiombare direttamente nelle atmosfere del film “L’ordine divino”, ambientato subito prima del 1971 (l’anno del voto alle donne in Svizzera), quando le donne dipendevano dagli uomini non solo economicamente ma anche giuridicamente, come cittadine a metà o persino meno.

Oggi le donne non sono, né aspirano ad essere, l'accessorio di una famiglia in cui l’uomo porta a casa lo stipendio.

C'è di peggio, questo ragionamento fallace implica che l'accessorietà economica delle donne giustifichi salari che non permettono di vivere dignitosamente in Ticino. Salari troppo bassi, certo, ma siccome sono "accessori", perché tanto lavorano gli uomini, allora andrebbero bene.

Le donne non lavorano per hobby, nemmeno nel ramo della vendita! Due terzi dei sottoccupati in Ticino sono donne: sono persone che hanno un lavoro a tempo parziale ma vorrebbero poter lavorare (e guadagnare) di più. E la categoria è in crescita, a causa delle difficoltà del nostro mercato del lavoro, che offre sempre meno posti retribuiti dignitosamente (a causa della libera circolazione). 

E l'approccio evidenziato da Gobbi danneggia tutti, compresi gli uomini, perché la pressione al ribasso sui salari non riguarda solo le donne "accessorie".

È ferocemente ingiusto far pagare questa situazione alle donne, che dovrebbero accontentarsi di lavorare e non guadagnare abbastanza da mantenere loro stesse e la loro famiglia. Non siamo cittadine di serie B.

Questa mentalità è quella che, ancora nel 2019, permette una delle più grandi ingiustizie su scala mondiale: la disparità salariale tra donna e uomo. Un problema sociale, non una questione di genere.

Tutto questo è inaccettabile e noi ci siamo candidate proprio per chiedere pari dignità, parità salariale e salari dignitosi per tutti, donne comprese.

*candidata sulla lista Più Donne

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