Sport
20.12.2016 - 18:160
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43
Renzetti saluta Manzo. Mancava la fiducia, ed ora? Il fantasma di Zeman a Cornaredo
Il presidente non riteneva che il tecnico potesse gestire periodi di crisi, e una convivenza sarebbe stata dura. Tramezzani la soluzione? Intanto, Renzetti ammette di non aver dimenticato il boemo...
LUGANO - Ieri il Lugano, con un comunicato, ha reso noto l'esonero di mister Andrea Manzo. In fondo, una notizia che era nell'aria.
Manzo è giunto sulla panchina bianconera quest'estate, dopo l'addio a Zeman. Una partenza da sogno, con il Lugano lanciato nelle prime posizioni, aveva fatto credere a tutti che fosse la scelta giusta, ma poi la squadra ha cominciato a faticare, e dai sogni europei si è trovata a dover lottare per la salvezza, in crisi di risultati. Un po' ciò che ci si attendeva, dopotutto, perché la compagine luganese non è ancora attrezzata per le zone alte, nonostante in molti credevano che ci sarebbe rimasta più a lungo. Il destino di Manzo è stato a lungo in bilico, ma quando il presidente Renzetti ha voluto prendersi qualche giorno di riflessione, probabilmente il tutto era già deciso.
Più che le azioni, a far pendere la bilancia dalla parte dell'esonero sono state alcune considerazioni del vulcanico numero uno. Quella sulla fiducia, innanzitutto. Renzetti si era detto convinto che, in caso di periodi negativi (e quello vissuto negli ultimi mesi dal Lugano lo è), Manzo non avrebbe avuto l'autorevolezza necessaria per guidare il gruppo. Il tecnico, in effetti, a differenza di Zeman, che è comunque un caso a sé, ha scelto la via del "poliziotto buono", della cortesia e delle buone maniere anche verso il suo gruppo, che nonostante i risultati lo seguiva. Così come il popolo bianconero, basta leggere qualche commento su Facebook. E allora, non si poteva andare avanti così, nonostante la poca fiducia di Renzetti? In altre piazze è stato fatto, con un tecnico che godeva dell'appoggio di squadra e pubblico e non della dirigenza, che fra difficoltà è riuscito, qualche volta, a dimostrare al presidente che sbagliava. Ma probabilmente, con una personalità come Renzetti, che vive il Lugano come una seconda pelle, sarebbe stato difficile. Dopo l'anno scorso vissuto a fianco della sua creatura, Renzetti ha confidato di essersene un po' allontanato ma di voler rimediare nel ritorno. La convivenza con un tecnico in cui, nonostante la stima, non aveva la massima fiducia, sarebbe stata difficile per tutti, coi giocatori che avrebbero rischiato di farne le spese.
Chi sostituirà Manzo? Il problema, in fondo, sta qui. Il nome più accreditato è quello di Tramezzani, vice dell'Albania, uno dei nomi che si era già fatto prima dell'arrivo del tecnico ora esonerato. Un allenatore non di primo piano, che se arrivasse a Lugano, sarebbe in grado di dare la carica che, secondo il presidente, Manzo non riusciva a trasmettere? Oppure rischierebbe di perdersi fra i nomi di allenatori che si sono susseguiti sulle panchine delle compagini ticinesi, spesso provenienti dall'Italia (ma il lavoro positivo, compiuto in situazioni difficili, da Scienza a Chiasso mostra che non sempre il cliché funziona), senza lasciare traccia.
Renzetti a Fuorigioco ha ammesso di essere ancora innamorato dell'allenatore Zeman. Nonostante tutto, nonostante i problemi che avevano attanagliato il Lugano la scorsa stagione, perché non si deve dimenticare che erano stati vissuti momenti difficili, con sconfitte pesanti, come e più di ora. L'impronta del tecnico boemo ha probabilmente segnato un prima e un dopo a Lugano, e nella mente di Renzetti. Un ritorno, anche se Zeman è ancora libero, pare impossibile.
Il paradosso è cercare qualcuno che possa essere simile a lui, ma senza alcuni difetti "di fabbrica" che Zdenek porta con sé da sempre, e contemporaneamente diverso da Manzo. E che possa entrare nei cuori di giocatori e tifosi, che si schierano dalla parte di chi è stato mandato via. Un'impresa non facile, importantissima per il futuro del Lugano.