Cronaca
29.08.2017 - 14:000
Aggiornamento: 21.06.2018 - 14:17
Gobbi, "siamo un paese in cui avviene il reclutamento di jihadisti". Espulsi un turco e un afgano, rappresentavano un pericolo
I due uomini erano rtenuti pericolosi per i legami che avevano con ambienti radicalizzati. Le parole del Ministro fanno riflettere: a suo avviso, in Svizzera ci sono ideologie estreme e finanziamenti per azioni terroristiche. Mentre gli strumenti per combatterli...
BELLINZONA - Mentre il Ticino era investito dal caos permessi, con funzionari e Dipartimento degli Interni nell'occhio del ciclone, sotto traccia si lavorava per espellere dal Ticino due presunti simpatizzanti jihadisti. Di loro si sa che uno è un cittadino turco attorno ai 40 anni, arrivato da noi negli anni Duemila: deteneva rapporti con ambienti jihadisti. L'altro è un afgano, giunto in Ticino nel 2015, anch'egli aveva contatti con persone radicalizzate ed erano ritenuti entrambi pericolosi per la sicurezza.
Due allontanamenti, dunque, divenuti di dominio pubblico solo adesso.
Ma sono le parole di Norman Gobbi, interpellato dal Corriere del Ticino, a mettere i brividi. Per prima cosa, il Ministro afferma che la Svizzera non sembrerebbe nel mirino degli attentatori, anche se il rischio zero non esiste da nessuna parte. Però, "la Svizzera è un luogo in cui avviene il reclutamento per la diffusione di ideologie di questo genere e per il finanziamento di queste ignobili azioni. Anche in passato, per altri tipi di terrorismo il nostro territorio si prestava a questo genere di attività. E non da ultimo non va dimenticato che vicino a noi, al di là del confine, ci sono luoghi problematici. E penso in questo senso alla moschea di Varese dalla quale sono transitate persone pericolose".
Insomma, c'è poco da star tranquilli, anche perché scovare queste persone non è sempre facile: nei due casi citati, hanno collaborato Segreteria di Stato della migrazione, la Polizia federale e il Servizio delle attività informative, oltre ai membri della Sezione della Popolazione e addirittura forze di polizia internazionali.
"Mi piacerebbe che le persone attive nelle nostre moschee fossero più attive nel segnalare personaggi sospetti. Quando a febbraio è stato arrestato il reclutatore sul nostro territorio grazie a un blitz delle forze dell’ordine la Lega dei musulmani ha negato di aver subito una perquisizione. Ma poi, durante il processo dell’imputato al Tribunale penale federale è emerso invece che la sede era stata perquisita. Su questo aspetto non smetterò mai di insistere: occorre trasparenza!", insiste Gobbi, riprendendo un concetto che aveva già espresso in precedenza. Vuole più collaborazione dagli ambienti islamici stessi, oltre che chiedere alla popolazione di tenere gli occhi aperti.
Per Gobbi,ci sono "grandi difficoltà date dagli strumenti legislativi che abbiamo a disposizione: risorse insufficienti per poter svolgere al meglio il nostro lavoro. A livello svizzero, ci stiamo muovendo tra Cantoni insieme al Dipartimento federale di giustizia e polizia per poter disporre di più mezzi per contrastare organizzazioni criminali e di stampo terroristico. Vogliamo modificare la base legale perché al momento, soprattutto il codice penale, è troppo debole".
Non sa se i due espulsi hanno avuto legami con il reclutatore jihadista ed ex dipendente della Argo 1 condannato nei giorni scorsi, ma certamente il processo che lo ha visto coinvolto ha messo in evidenza un sottobosco che non può lasciare tranquilli.