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04.05.2018 - 12:220
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:51

Il giornalismo, "cane da guardia della democrazia". Assolti pienamente i quattro colleghi del Caffè sul caso Sant'Anna

La Clinica li aveva accusati di diffamazione (e concorrenza sleale nel caso del direttore) per aver parlato a lungo del caso Rey: oggi il giudice ha dato pienamente ragione ai quattro. "Un giornale può pubblicare una notizia se è di rilevanza pubblica, se viene concesso il diritto di replica, se ci sono verifiche"

BELLINZONA – La libertà di stampa vince: i quattro giornalisti del Caffè sono stati pienamente assolti dalle accuse di diffamazione da parte della Clinica Sant’Anna.

Il caso, si sa, era quello dell’intervento in cui il dottor Piercarlo Rey amputò per errore due seni a una paziente, un errore medico che fece parlare a lungo e su cui il settimanale indagò per svariate settimane, cercando di far pienamente luce. La serie di articoli, anche dettagliati e ricchi di accuse, non piacquero alla Clinica, che denunciò Il direttore Lillo Alaimo, l’allora vicedirettore Libero d’Agostino e due redattori del domenicale Patrizia Guenzi e Stefano Pianca per diffamazione. Per Alaimo, l’accusa era anche di concorrenza sleale, si imputava al giornale di aver sollevato dubbi su un presunto favoreggiamento nei confronti di Rey.

La questione aveva sollevato svariate discussioni sulla libertà di stampa. E oggi il mondo giornalistico attendeva con ansia la sentenza del giudice Siro Quadri, che ha smontato totalmente l’accusa, assolvendo i quattro. "C'è una sentenza della CEDU molto emblematica. Si dice che il giornalismo è il cane da guardia della democrazia e si dice che un buon cane da guardia deve girare libero fuori dalla casa, deve abbaiare e a volte mordere. Questo è il suo compito. Questo è il compito della stampa. Ed è meglio che abbai inutilmente piuttosto che non lo faccia affatto", ha detto, usando una metafora.

Ha proseguito spiegando che “un giornale può pubblicare una notizia se il tema è di rilevanza pubblica, se viene concesso il diritto di replica, se le affermazioni delle fonti sono state verificate e se vi è urgenza di pubblicare”: in questo caso, c’erano motivi sufficienti per render pubblico quel che era successo. “I fatti sono stati analizzati e sono state fatte le giuste domande, senza sentenziare verdetti ma ponendo al lettore delle domande puntuali. Il Caffè poteva indagare e lo ha fatto”.

Per quanto concerne l’accusa di concorrenza sleale per Lillo Alaimo, Quadri ha detto che “se essa venisse applicata per articoli sulla stampa, non ne usciremmo più. Questa nozione deve essere interpretata in modo particolarmente restrittivo, come già sottolineato da Tribunale federale: è stata usata in un caso, ma si trattava di una rivista di consumatori”
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