CRONACA
Freddo, disumano, brutale, senza segni di pentimento. La Procuratrice Pubblica chiede il carcere a vita per Egli, l'avvocato della madre e della sorella di Nadia: "Pensi al terrore di lei..."
Parole durissime contro Michele Egli, assassino della cognata che lo definiva "una delle cose più belle che ci sono accadute". Il perito psichiatrico parlava dello stress di vedere una persona diversa da quella idealizzata, per l'avvocato "una patologia non giustifica". Nei giorni successivi, tenne relazioni virtuali e guardò un porno
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STABIO – Dopo gli interrogatori fiume a Michele Egli, che ha ricostruito l’orrore del delitto ai danni dalla cognata Nadia Arcudi e i reati finanziari, certamente gravi ma meno d’impatto a livello emotivo, hanno preso la parola gli avvocati.

Se ieri il perito psichiatrico, Carlo Calanchini, ha cercato di spiegare il gesto di Egli con un disturbo misto della personalità e con fatto di aver visto Nadia molto diversa dalla persona che aveva idealizzato per tanto tempo, vedendola urlante e arrabbiata per la questione della casa, oggi invece sono volate parole durissime.

A partire da quelle della Procuratrice Pubblica Pamela Pedretti, che ha chiesto senza esitazione alcune il carcere a vita. Ha fatto rilevare che le pulsazioni dell’assassino non sono mutate mentre uccideva la cognata, sintomo a suo dire di un freddezza che mette i brividi. Anche i comportamenti assunti dopo, ovvero i depistaggi con gli sms inviati addirittura alla donna che diceva di amare come una sorella e che invece aveva appena ucciso, la partecipazione del funerale di una parente in Sicilia, la vita che è scorsa in modo normale, dalle relazioni virtuali che ha continuato a intrattenere sino addirittura alla visione di un film porno.

Non ha nemmeno visto un pentimento, solo paura per quello che potrà succedergli. “Lui, persona benvoluta da tutti, non poteva permettere che si sapesse che aveva ferito la cognata. E che forse sarebbero venuti alla luce i suoi altarini, le sue relazioni virtuali o gli ammanchi alla SUPSI. Aveva troppo da perdere, Nadia andava eliminata”, ha detto Pedretti, definendolo crudele, disumano, nel tradire chi gli voleva bene, nel mandare in pezzi una famiglia.

Non usa giri di parole neppure il patrocinatore della madre e della sorella della vittima (e moglie di Egli, la quale ha di recente chiesto il divorzio), Stefano Rossi. Anche per lui, quella di persona benvoluta e stimata era la maschera che nascondeva una persona brutale, che dopo l’omicidio va come se niente fosse accaduto al ristorante a mangiare. “Una patologia non può spiegare quello che ha fatto”, attacca, sottolineando la bassezza di rubare i soldi nel portafoglio di Nadia.

Lui, che pareva provare un sincero sentimento di affetto verso la maestra (ricambiato, dato che in una lettera gli aveva detto di considerarlo una delle cose più belle che fosse mai accaduta alla sua famiglia), non si è fermato nemmeno quando lei gli ha chiesto che cosa stesse facendo. "Forse l'imputato dovrebbe pensare davvero allo stupore iniziale della vittima, colpita alla nuca da una bottigliata, e al profondo viscerale terrore nel comprendere che i suoi sogni, le sue aspirazioni e i suoi affetti stavano per finire. Resta solo un corpo abbandonato come l'immondizia...”, ha concluso Rossi.

Poi ha preso la parola l’avvocato del fidanzato di Nadia, un’altra persona che ha visto la sua vita cambiare. Voleva sposare la donna, ne era profondamente innamorato e voleva trascorrere il resto della sua vita con lei. Desideravano convivere, nella villetta di famiglia che è stata oggetto delle dispute. "Non è riuscito a capire le motivazioni del gesto dell'imputato", ha detto l’avvocato Claudio Luraschi, parlando a nome del suo cliente, che ha assistito al dibattimento.

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