BELLINZONA – Vivere in un bunker come quello di Camorino? Non si può e fa male alla salute. Ne sono convinti da tempo gli aderenti al Collettivo R-Esistiamo, che hanno deciso di farlo mettere nero su bianco a dei medici.
“Il Collettivo R- esistiamo ha lanciato un appello ai medici che operano in Ticino affinché sottoscrivano che le persone in procedura d’asilo, alloggiate nei centri sotterranei della protezione civile, sono esposte a seri rischi per la salute fisica e psichica”, si legge in una nota. La Commissione Nazionale per la prevenzione della tortura (CNPT) ha sottolineato che queste installazioni militari non sono adatte che per soggiorni di breve durata di 3 settimane al massimo”.
L’appello ha avuto successo. “Più di sessanta medici hanno già aderito all’appello, che richiede in particolare il trasferimento immediato delle persone in alloggi dignitosi sopra la terra”.
Cosa si chiede? “Le alternative ci sono in un Cantone che conta innumerevoli appartamenti vuoti e case disabitate sia di enti privati che pubblici. Inoltre parte della società civile è disposta ad accogliere le persone nelle proprie abitazioni private con il supporto di personale formato sulle problematiche della migrazione. Le firme saranno consegnate al Capo del DSS Paolo Beltraminelli e all’attenzione anche della signora Fiorini, direttrice della Dasf, in data 21 marzo presso la Cancelleria di Stato”.
Nel testo sottoscritto dai dottori, in cui oltre alla richiesta di trasferimento, di chiusura dei bunker e lo stop al test osseo per definire l’età dei giovani richiedenti, vengono sottolineati alcuni aspetti problematici.
“Alloggio senza finestre né ricircolo d’aria fresca in camerate da 32 letti, luce artificiale, temperature molto elevate d’estate e fredde d’inverno, acqua “potabile” di colore giallastro, due docce funzionanti su cinque, sei WC in tutto e più in generale servizi igienici in pessime condizioni, proliferazione di insetti come cimici da materasso. Un unico spazio in comune è in fondo al bunker, adibito a mensa, ancora meno areato delle 3 camerate, e dove non c’è la possibilità di cucinare o di conservare cibo fresco. L’unico rubinetto presente ha anch’esso l’acqua gialla. Le testimonianze dei ragazzi dicono che la mancanza d’aria non permette di restare a lungo nella mensa e lo spazio è inutilizzabile per qualsiasi altro tipo di attività. Vita sociale limitata: nessuna visita possibile di persone dall’esterno e nessuna possibilità di avere un momento o uno spazio personale. Obbligo di presenza dalle 23.00. Misure disciplinari paragonabili a regimi di detenzione, con controlli e perquisizioni corporali all’entrata, minacce e sanzioni (per esempio privazione di uscita o dei frs 3.- giornalieri). Abusi di potere, ricatti e maltrattamenti su persone con vissuti di violenza e traumatizzate (è avvenuto un ammanettamento, confinamento notturno in bagni chiusi a chiave, etc.). Problemi di salute non presi sul serio e/o trascurati, sofferenza psicologica non riconosciuta e non considerata, assenza di personale infermieristico sul posto. L’unica figura sanitaria è un’infermiera della Croce Rossa attivabile solo su richiesta e a discrezione del responsabile Croce Rossa del Bunker”, eccoli.