ZURIGO – Ricordate la famiglia aggredita al luna park di Bellinzona? A raccontarci la vicenda fu proprio il protagonista, che aveva cercato a più riprese di fermare un gruppo di giovanissimi che avevano picchiato diverse persone, prendendole a sua volta. Si era lamentato della Polizia, non intervenuta in tempo nonostante le sue chiamate.
A qualche mese di distanza, quel che è successo ha lasciato un segno profondo in quella famiglia, che addirittura ha deciso di trasferirsi nel canton Zurigo, di dove sono originari. Ce lo scrive l’uomo (nome noto alla redazione). “Da quell’episodio sono partiti diversi fatti che mi fanno venire un pensiero, ovvero che la prossima volta se succede qualcosa di simile piuttosto che chiamare la polizia per aiutare le altre vittime, preferirei allontanarmi e non intervenire in nessun modo ad aiutare ad altri. Chiaramente è solamente un pensiero che mi viene dopo tutti i dolori fisici e la mancanza della vita quotidiana normale di una persona malata(ferita). In realtà non ho nessun dubbio che rifarei tutto senza paura delle brutte conseguenze”.
Ma cosa è capitato? Dapprima all’ospedale di Bellinzona gli è stata diagnosticata una costola rotta, poi qualche giorno dopo una dottoressa lo ha chiamato dicendogli di aver notare delle macchie sospette sui polmoni, gettandolo nel panico. “Non dormivo più”. Fortunatamente, un’ulteriore TAC non ravvisa più le macchie ma nota un’altra costola rotta, “che faceva più male della prima!”. L’uomo si trova anche confrontato con tanta burocrazia per poter sistemare le carte in modo da essere rimborsato dall’assicurazione malattia.
Essa vuole i rapporti di Polizia per dimostrare che l’assicurato è una vittima e non un aggressore. “La Polizia non rispondeva alle loro domande per cui si sentivano incerti sulla questione e mi bombardavano di chiamate. Sono dovuto ricorrere a un avvocato della mia assicurazione giudiridica”.
Ha sporto denuncia presso il Ministero Pubblico di Lugano, raccontando di aver ripetutamente chiamato il 117 senza ottenere un intervento, e segnalando quello che secondo lui è stato un atteggiamento “arrogante e poco professionale degli agenti”. Ovviamente ha denunciato gli aggressori, senza però tralasciare i commenti sgomenti per la reazione della Polizia, quello che più lo ha preoccupato.
“Non so ancora adesso come stiano procedendo le indagini in merito a chi doveva intervenire a seguito della chiamata al 117”, ci dice. La sua famiglia si è trasferita, però la vicenda non è chiusa. “Ricevo continuamente chiamate da una poliziotta della gendarmeria di Camorino, che a mio avviso è arrogante, poco educata e provocatoria. Addirittura ha detto che ero stato io a chiamare lei, e non è vero. Mi ha chiesto perché ho denunciato dei ragazzi giovani, io ho specificato che per me sono delinquenti e basta., indipendentemente dall’età. Lei ha voluto sapere perché mi sono rivolto al Ministero Pubblico e non a loro, spiegandomi che il caso è tornato comunque sulle loro scrivanie. Ho replicato che era un mio diritto denunciare ed ha alzato la voce con me, affermando che sono solo ragazzi giovani e difendendoli”. Infine lui le dice di comunicare in un altro modo. La donna vuole un appuntamento presso la gendarmeria di Camorino, l’uomo vuole una convocazione via posta.
E si sfoga con noi: “L’altra volta mi ha chiesto di non denunciare quei giovani ragazzi. Io mi preoccupo di dove possiamo arrivare con questi discorsi strani. L’agente difende gli aggressori e mi chiama privatamente per discutere le cose che devono essere fatte in via ufficiale. Ieri ho parlato a Zurigo con l’uomo che è stato aggredito prima di me. Anche lui e’ scontento di procedimento di questo caso. La mia opinione è che ci siano in mezzo delle amicizie”.
L’uomo ha paura, soprattutto per i figli. Non si sente protetto da possibili aggressori e tanto meno dalla Polizia, per cui ha deciso di trasferirsi. “L’agente mi ha detto che non devo aver paura, che sono bravi ragazzi: ma perché difendono gli aggessori, anche se sono minorenni? Quel giorno erano ubriachi e hanno picchiato diversa gente davanti a dei bambini, per quasi un’ora, nonostante io abbia chiamato la Polizia. Mi hanno spaccato le costole e io non posso al momento condurre una vita normale. E nonostante tutto vengono difesi.. Ho capito una solo cosa, che in Ticino ognuno deve salvare solamente la propria pelle”. Parole pesanti.
Si ritiene vittima, soprattutto del mancato intervento della Polizia. “Io ho solo fatto il mio dovere cercando di fermare l’aggressione, rivolgendomi a loro. Non ho ricevuto scuse da nessuno, addirittura mi fanno sentire colpevole. Perché? Perché il mio nome è straniero? Perché gli aggressori hanno parenti con amici nella Polizia? Perché è colpa dello Stato?”.
Non ha intenzione di fermarsi, “pago le tasse per far sì che la sicurezza di stato difenda la mia famiglia: pretendo rispetto anche se ho un nome straniero. Per fortuna ho trovato aiuto e compassione da parte della signora Rossini Daniela di Bellinzona - assistente sociale del servizio per l’aiuto delle vittime di reati, che a suo tempo mi ha fatto conoscere l’ avvocato Locatelli Rosangela di Giubiasco. Loro stanno portando avanti il mio caso e mi danno una mano e un’assistenza assoluta in modo molto professionale”.