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Cronaca
23.05.2020 - 14:150

"Dateci una data. Non possiamo essere paragonati ai turisti e a chi fa la spesa". Il toccante video delle coppie divise

"Chiediamo una soluzioneeuropea comune, all'interno dello spazio di Schengen", recita un appello firmato da 12mila mani e condiviso da 45mila persone, che ancora sono divise dai proprio cari dal confine italo/svizzero

BELLINZONA – Un video che contiene “un appello alla vostra umanità, scritto da più di 1'200 mani, firmato da oltre 45mila persone, che vogliono vivere questo momento difficile nell’abbraccio di chi amano”. È l’ennesimo gesto, dopo email, lettere, telefonate e segnalazioni inviate a chiunque, dalle autorità alle trasmissioni tv.

Si fanno risentire le coppie, le famiglie divise dal confine Italia/Svizzera. “Dateci una data”, è la loro richiesta. Dalla chiusura della Lombardia in molti non si vedono, nonostante magari vivano a pochi chilometri e abbiano diviso tutto. Vogliono ricongiungersi, non solo nella zona franca, dove in diversi si recano per abbracciarsi e vedersi, non attraverso la rete del confine, perché sono scene che riportano a tempi diversi.

“Abbiamo consolato i nostri figli in videochiamata, abbiamo visto le lacrime dei nostri compagni e delle nostre compagne, abbiamo chiamato in ospedale vedendo spegnersi dietro un monitor i nostri padri malati e le nostre madri sole. Abbiamo compreso, rispettato, taciuto”, si dice nel video. “Vi abbiamo chiesto una data, abbiamo capito che non avremmo potuto averla, perché l’emergenza era inaspettata, rapida, e lo è ancora. Tutti gli stato si sono trovati a dover rispondere in modo rapido, preciso e concreto per dover proteggere la popolazione”.

Ciascuno, proseguono, ha contribuito come poteva, chi lavorando in ospedale, chi nei negozi, chi facendo volontariato. Sempre col cuore spezzato dalla lontananza, con la coltellata di sentirsi dire che il loro non era un dramma. 

“Ora siamo stati definiti turisti, concubini, perché non abbiamo legalmente sancito un’unione o perché amiamo qualcuno che sta dall’altra parte di un confine. Un matrimonio di sette giorni vale più di una storia di sette anni”, prosegue la voce fuori campo, mentre sul video passano le foto, sorridenti, delle coppie del gruppo Facebook Coppie Italia/Svizzera e non solo. 

Si definiscono “vittime di una quarantena obbligata, che ci ha fatto scegliere tra perdere il proprio lavoro e vedere la propria compagna”. Infatti, per andare in Italia a trovare un proprio caro, si deve rimanere in isolamento per 10 giorni. Qualcuno lo ha fatto, qualcuno non può permetterlo.

“Non accettiamo di essere messi sullo stesso piano di chi fa la spesa o il turista”, è la loro rabbia, adesso. “Chiediamo parità di trattamento come avvenuto in altri stati, una soluzione europea comune”.

La Svizzera non pare intenzionata a dire sì all’apertura del confine italiano, il 3 giugno. La scelta italiana è stata unilaterale e lo stato di emergenza in Ticino continua: ma tante coppie e molte famiglie si trovano imbrigliate nelle decisioni dei due stati. Gli svizzeri, per esempio, con un’autocertificazione possono recarsi in Austria e Germania (non in Francia) a trovare parenti e partecipare anche a cerimonie religiose. Con l’Italia non è possibile.

E queste persone, divise dai loro amori, ci provano con tutte le loro forze, con ogni mezzo a disposizione. Chiedono a chiunque, quando si abbracciano i propri cari, di pensare anche a loro, che al momento non possono. Vogliono una data, possibilmente vicina nel tempo.

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