CRONACA
Lasciarsi morire di fame e di sete: un tema tabù, ma esistente, in Svizzera
Oltre il 40% dei medici è stato confrontato almeno una volta con casi di 'digiuno terminale'. I medici: "Non ci aspettavamo una cifra così elevata"

SVIZZERA – Lasciarsi morire di fame e di sete: è un tema ancora tabù in Svizzera, secondo un sondaggio effetuato dalla Federazione dei medici svizzeri (FMH), assieme all’Università di scienze applicate di Zurigo (ZHAW). Stando allo studio,  risulta che oltre il 40% dei medici di famiglia si è già confrontato con casi di "digiuno terminale" o "digiuno ante mortem". 

Le ricerche sulla rinuncia volontaria ad ogni tipo di alimentazione solida o liquida sono scarse. Da qui l’idea – riporta l'ATS –dei ricercatori di saperne di più mediante un sondaggio rappresentativo condotto tra 750 medici in tutta la Svizzera. Il risultato ha sorpreso gli stessi ricercatori: oltre il 40% dei medici è stato confrontato almeno una volta con questo problema. In media, i medici hanno avuto a che fare con 11 casi del genere. "Non ci aspettavano una cifra così elevata", ha ammesso Sabrina Stängle, co-autrice dello studio citata in una nota odierna della ZHAW.

"In Svizzera – sostiene Stängle – manca un approccio omogeneo al fenomeno: andrebbe cercato un consenso per una presa a carico professionale e standardizzata di queste persone". In ogni caso, il 60% dei medici contattati credono che "un simile fenomeno sia un processo naturale associato alla morte e che andrebbe accompagnato da personale sanitario"; il 32% ha associato il problema a "una forma di aiuto passivo al suicidio" e il 6% "al suicidio assistito tout-court". A tale riguardo, sono in effetti necessarie cure palliative, come l’umidificazione regolare delle mucose buccali.

Il progetto di ricerca si poneva come obiettivo anche di quantificare il numero di decessi nelle case per anziani o a domicilio attribuibili al "digiuno terminale". Per l’anno preso in considerazione, il 2017, si è giunti a 458 persone, pari all’1%. A parere degli estensori della pubblicazione, tale somma andrebbe moltiplicata per tre, se non di più: molte persone infatti non dichiarano apertamente di rinunciare a nutrirsi.

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