BELLINZONA – In Ticino si cerca di mettere nell’angolo il lavoro interinale, con alcuni Comuni che hanno inserito l’obbligo di ricorrere, per appalti pubblici, prima a lavoratori iscritti agli URC?
E Swissstaffing, l’associazione di categoria, oltre a ricorrere, commissiona un sondaggio (a Zurigo), i cui risultati mostrano come per una minima parte della popolazione ticinese il lavoro a chiamata è realmente un problema.
Il campione di intervistati è piccolo, 200 persone, ma il Caffè fornisce in anteprima dati sorprendenti. Infatti solo per il 28% ridurre il lavoro interinale è una soluzione adeguata contro la disoccupazione.
I ticinesi, insomma, vogliono altro: il 61%, considera eccessivo il numero di frontalieri presenti sul mercato cantonale, il 18% della popolazione attiva teme concretamente di perdere il proprio impiego a causa della manodopera estera. L’’87% degli interpellati vorrebbe "un migliore sostegno ai disoccupati nella ricerca di un impiego", l’86% "un’estensione dell’obbligo di annunciare i posti vacanti", il 75% desidera "i contingenti per l’immigrazione", il 59% , "una collaborazione efficace tra le parti sociali" e il 64% "l’introduzione di salari minimi e nuove leggi".
Solamente il 18% di chi ha risposto pensa che il Cantone stia andando nella giusta direzione in relazione alla protezione del lavoro.
Dati che piacciono a Swissstaffing, meno a Giorgio Fonio, uno di coloro che porta avanti la battaglia contro il lavoro interinale. “Ai ticinesi piace il lavoro interinale. Ma pensate davvero che siamo un popolo di stupidi?”, posta. “Secondo un sondaggio commissionato dalle agenzie interinali ad uno studio di Zurigo, solo 1 ticinese su 4 approva le limitazioni proposte dai comuni. Inoltre nell’articolo del Caffè le agenzie interinali dichiarano a caratteri cubitali di “aiutare concretamente i disoccupati”. Inizio questa domenica sorridendo. Ormai questa settimana abbiamo già visto quali danni possono fare a Zurigo nei confronti dei ticinesi”, riferendosi allo sfratto di numerosi anziani a Chiasso dopo l’acquisto della palazzina dove vivono da parte di una società di Zurigo.